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I marchi agroalimentari italiani sempre più in mani straniere

Il Made in Italy sta diventando sempre più straniero, anche nel settore agroalimentare.

Dall’inizio di questa situazione di difficoltà, infatti, è arrivato a 10 miliardi il valore dei marchi storici dell’agroalimentare italiano che sono passati in mani straniere.
Ultimo della lista è pasta Garofalo, venduto agli spagnoli.

L’antico Pastificio Lucio Garofalo, infatti, ha siglato un accordo preliminare per l’ingresso nella propria compagine azionaria, con il 52% del capitale sociale, di Ebro Foods, gruppo multinazionale che opera nei settori del riso, della pasta e dei condimenti, quotato alla Borsa di Madrid.

Ma, come detto anche dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, si tratta di uno dei tanti, preceduto in ordine di tempo da Bertolli, acquisito dal fondo statunitense CVC Capital Partners, dopo che lo storico marchio era già stato venduto all’Unilever per poi essere acquisita dal gruppo spagnolo SOS.

Tra le cessioni che avevano più sollevato polemiche e polveroni, c’era stata anche quella della storica Pasticceria Confetteria Cova al colosso francese LVMH e soprattutto dell’azienda vinicola Casanova La Ripintura di Greve in Chianti, passata in mani cinesi.

Ma l’elenco è purtroppo ben più lungo, e comprende anche marchi leggendari per il nostro Made in Italy, come Riso Scotti, diventato per il 25% di proprietà dello spagnolo Ebro Foods, ma anche Gancia, casa storica per la produzione di spumante, che è per il 70% dell’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard.

A questo proposito, Roberto Moncalvo ha dichiarato: “I grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, nella tipicità e nella qualità. Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori. Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo è la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Un processo di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”.

Vera MORETTI

redazione1

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