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Barilli: “Addio posto fisso, reinventiamoci startupper”

 

Da un paio d’anni, Italia Startup, la piattaforma indipendente e collettiva che rappresenta “l’ecosistema startup” diffonde la passione del fare impresa. Un’associazione in continua crescita formata da imprenditori, investitori, industriali, startupper, enti e aziende che hanno deciso di dare il proprio contributo alla causa. Di startup, imprese e giovani ne parliamo oggi con Federico Barilli, il segretario generale di Italia Startup.

Dott. Barilli, di cosa si occupa la vostra associazione nel dettaglio?
Di più cose: a) rappresentare l’ecosistema startup nei confronti delle istituzioni (centrali e locali) e del mercato nel suo complesso; b) favorire il matching o contaminazione tra sistema industriale italiano ed ecosistema startup, fatto in primis dalle giovani imprese innovative ad alto potenziale di crescita (così definiamo le startup nello statuto associativo rinnovato da poco) ma anche da incubatori, investitori, abilitatori e aziende mature, tutti soggetti in grado di fare da supporto e da partner delle startup stesse; c) far conoscere il nostro ecosistema fuori dai confini nazionali, per agevolare investimenti (istituzionali e corporate) da parte di soggetti stranieri; d) agevolare l’aggregazione della filiera a livello territoriale, tramite azioni di networking locali tra i diversi attori dell’ecosistema (professionisti, startup, acceleratori, investitori, aziende e anche stakeholders pubblici)

Quali sono i numeri delle startup nel nostro Paese?
Quelle iscritte al registro dedicato presso le camere di commercio sono circa 2400, in continua crescita (tra 30 e 50 alla settimana). Riguardo al numero delle giovani imprese innovative che agiscono sul mercato e che sono considerabili alla stregua di quelle iscritte al registro (cioè startup innovative, per innovazione di prodotto o di processo) non ci sono dati ufficiali. Noi stimiamo che siano almeno il doppio di quelle iscritte al registro. Stiamo lavorando con Cerved Group per avere un dato il più possibile corretto e spendibile, secondo indicatori statistici puntuali.

Perché un giovane italiano dovrebbe avventurarsi nel progetto di una startup?
Perchè essere imprenditori di se stessi è comunque importante, anche se si decide di fare una carriera non imprenditoriale. Perchè mettersi in team con altri colleghi (giovani o meno giovani che siano) per fare un’impresa è un’esperienza professionale molto formativa, che va sperimentata e che va incentivata. Perchè mettere in conto anche un fallimento (sono molte le startup che falliscono) è un passaggio quasi indispensabile, in qualunque percorso professionale. Perchè l’Italia è terra di imprenditori e artigiani di successo (con storie anche recenti) e chi ci è riuscito, chi ci è passato, può essere un testimonial o anche un vero e proprio tutor di chi ci vuole provare (pensiamo, in questo senso, al ruolo chiave che giocano tanti incubatori di startup, con founder o mentor di valore che sono passati da esperienze imprenditoriali importanti). Perchè la crisi o comunque il modello tradizionale del posto fisso (che è molto in crisi) impone la logica del creare un lavoro invece che di cercare un lavoro. Perchè impegnarsi in un proprio progetto imprenditoriale è una sfida che vale comunque la pena di giocare.

Quali sono le maggiori difficoltà che può incontrare una startup durante l’inizio del proprio cammino?
Sono tante. Dalla difficoltà a costruire il team giusto alla complessità di trovare un finanziatore per la fase seed e forse ancora di più nei round successivi. Dalla lentezza della burocrazia nel creare la società, alla grande sfida di aprire un mercato al proprio prodotto o servizio, pensandosi da subito capaci di avere una prospettiva internazionale. L’importante è costruire un team e un business plan molto solidi. Avendo possibilmente un tutor altrettanto solido di supporto. E non di scoraggiarsi se il progetto procede diversamente da come lo si era immaginato. La tenacia e il fallimento fanno parte della cassetta degli attrezzi dello startupper.

Dopo quanto tempo una startup può considerarsi un’attività avviata?
La legge italiana dice dopo 4 anni. Ma la variabile tempo è uno dei parametri che vanno considerati. La norma (decreto sviluppo 2.0) considera anche quello dimensionale (più di 5 milioni di fatturato). Italia Startup sostiene che una startup diventa consolidata o diventa piccola impresa quando raggiunge almeno uno di questi 5 parametri, meglio se più di uno allo stesso tempo: 4 anni di vita; 5 milioni di fatturato; 15 addetti; aver ricevuto un finanziamento di almeno 500k; essere presente in almeno 2 o 3 mercati oltre quello italiano.

Jacopo MARCHESANO

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