Per gli italiani ancora tante tasse

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La Cgia, e precisamente il suo Ufficio Studi, ha fatto i conti nelle tasche degli italiani, pensando in particolare a quanto devono spendere annualmente di tasse.

E’ emerso che ogni famiglia è chiamata a sborsare ben 15.330 euro suddivisi tra l’Irpef e le relative addizionali locali, le ritenute, le accise, il bollo auto, il canone Rai, la tassa sui rifiuti, i contributi a carico del lavoratore.
Ciò significa che ogni mese un nucleo familiare registra uscite pari a 1.277 euro solo di tasse, ovvero uno stipendio medio di un impiegato.

A questo proposito, considerando che quest’anno pesa sulla testa degli italiani anche la spada di Damocle della Tasi, Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha dichiarato: “Pur essendo un Paese di tartassati i servizi che riceviamo dallo Stato spesso non sono all’altezza delle aspettative. Dalle infrastrutture alla sanità, dai trasporti all’istruzione, in molte regioni la qualità e la quantità di questi servizi è spesso inaccettabile. Nonostante la restituzione degli 80 euro ai redditi più bassi con un carico fiscale di questa portata sarà difficile rilanciare i consumi delle famiglie. Il livello di arrabbiatura raggiunto nei confronti di un fisco sempre più aggressivo e pretenzioso, ha fatto scendere ai minimi storici la fiducia dei consumatori italiani. Con gli effetti della crisi che non accennano a diminuire e un fisco sempre più esoso, i bilanci familiari rischiano di rimanere ancora in rosso, penalizzando anche quelli degli artigiani e dei piccoli commercianti che vivono quasi esclusivamente dei consumi del territorio in cui operano”.

La montagna di tasse e contributi che grava sulle spalle degli italiani emerge in maniera altrettanto evidente quando si analizza la serie storica del cosiddetto Tax freeedom day.
Sempre secondo i calcoli effettuati dall’Ufficio studi della Cgia, con una pressione fiscale che per il 2014 è destinata a toccare il record storico del 44 per cento, quest’anno i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino alla prima decade di giugno, ovvero 12 giorni in più di quanto avevano fatto nel 1995, quando, però, la pressione fiscale era inferiore di oltre 3 punti percentuali.

Continua Bortolussi: “Gli effetti legati alla rivalutazione delle rendite finanziarie, all’aumento dell’Iva, che nel 2014 si distribuisce su tutto l’arco dell’anno, all’introduzione della Tasi e, soprattutto, all’inasprimento fiscale che graverà sulle banche, compensano abbondantemente il taglio dell’Irap e gli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi medio bassi. Al netto delle modifiche che potrebbero essere introdotte nella nota di aggiornamento al Def che sarà presentata nelle prossime settimane, la pressione fiscale di quest’anno è destinata a salire di 0,2 punti percentuali rispetto al livello raggiunto nel 2013”.

Vera MORETTI