Le imprese italiane sono preda delle tasse ma, soprattutto, della incertezza fiscale. Anche questa una vera tassa occulta il cui peso e costo sono stati quantificati dall’Ordine dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, che hanno realizzato una ricerca ad hoc per capire quanto incide in negativo sull’andamento delle aziende il peso della incertezza fiscale.
Il conto è presto fatto: servono almeno 137 ore di lavoro in media all’anno, pari a circa 17 giorni, per chiudere gli adempimenti tributari di carattere ordinario. Entrando nel dettaglio dell’incertezza fiscale, secondo i commercialisti milanesi servono oltre 37 ore per l’Iva, più di 46 per Ires/Irap e oltre 56 per Iuc/Tasi/Imu.
La ricerca dei commercialisti milanesi è stata presentata nei giorni scorsi all’Università Bocconi e, durante la presentazione, è stata messa in luce in maniera impietosa tutta la serie di carte, controlli e burocrazia messi in moto dal sistema fiscale che, per un’azienda, rendono l’idea della incertezza fiscale un incubo. Secondo il prof. Massimo Cremona, che ha curato la ricerca, “per lo spesometro, per esempio, servono oltre 27 ore e si ritiene che il risultato ottenuto, anche in termini di benefici per l’Agenzia delle Entrate, sia probabilmente sproporzionato rispetto ai costi sopportati dal contribuente e dalla stessa Agenzia per la fase di controllo dell’adempimento medesimo”.
Appare quindi chiaro come il rapporto tra imprese e fisco sia gravato dal fattore incertezza fiscale, generato soprattutto dalle continue variazioni della normativa, dalla nebulosità della norma e dalla aleatorietà delle decisioni giurisprudenziali. Tutto questo non fa altro che creare costi aggiuntivi: secondo la ricerca, infatti, il 20% delle società interessate dall’indagine è stata contattata dall’Agenzia delle entrate per richiedere verifiche, ispezioni o documentali e, di queste, oltre il 50% è incorsa in rilievi causati proprio dalla incertezza fiscale.
Non resta che provare a riderci su… amaramente.
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