Rimborsi Iva cambiano le regole

In seguito al dettato del decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali, non si dovrà più prestare apposita garanzia per ottenere i rimborsi Iva di importo fino a 15mila euro. Oltre questa soglia la garanzia per i rimborsi sarà obbligatoria solo nel caso di soggetti a rischio ai fini degli interessi erariali.

Ricordiamo infatti che finora, per ottenere i rimborsi Iva superiori a 5.164,57 euro era necessario prestare garanzia, cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato al valore di Borsa, oppure una fideiussione rilasciata da un’azienda o da un istituto di credito o da un’impresa commerciale che desse garanzie di solvibilità a giudizio dell’Amministrazione finanziaria.

Con il nuovo decreto è stata innalzata a 15mila euro la soglia di rimborsi Iva al cui superamento è richiesta la prestazione di garanzia in questo modo:

  • Nessuna garanzia per i rimborsi Iva di importo non superiore a 15mila euro;
  • Per i rimborsi Iva superiori a 15mila euro: se richiesti da soggetti a rischio, si deve prestare garanzia; se richiesti da soggetti non a rischio, l’erogazione del rimborso viene fatta previa prestazione di garanzia, oppure presentando la dichiarazione munita del visto di conformità dalla quale emerge il credito richiesto a rimborso + una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti la presenza di queste condizioni:
  • rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta:
    • patrimonio netto non diminuito di oltre il 40%;
    • consistenza degli immobili ridotta di non oltre il 40% per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività;
    • non cessazione né riduzione dell’attività per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende;
    • se la richiesta di rimborsi Iva è presentata da società di capitali non quotate, non risultano cedute, nell’anno precedente la richiesta di rimborso, azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50% del capitale sociale;
    • esecuzione regolare dei versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.

Saldi invernali, comincia la corsa

I saldi invernali sono partiti oggi e una delle città nei quali la corsa agli acquisti è da sempre più frenetica è di certo Milano. Ecco perché FederModaMilano (nell’ambito di Confcommercio Milano) si è lanciata in alcune previsioni per quelle che saranno le spese e il giro di affari in città con questi saldi invernali.

Secondo FederModaMilano, dunque, la stima è che per la città i saldi invernali avranno un valore complessivo delle vendite di circa 435 milioni di euro, con un acquisto medio a persona di 165 euro, mentre gli sconti medi saranno del 40%. FederModaMilano, e questo è il punto dolente, stima in circa il 2% il calo rispetto ai saldi invernali 2014.

Secondo Renato Borghi, presidente di FederModaMilano, “l’appuntamento dei saldi si conferma importante, in particolare a Milano, dove la spesa in saldo è maggiore rispetto al resto d’Italia e dove vi è un forte interesse anche da parte degli stranieri attratti dal nostro Made in Italy. E dopo un autunno debole, penalizzato anche dalle condizioni del tempo non favorevole alle vendite di capi invernali, ed un periodo di Natale che ha favorito in particolare le vendite di accessori moda, l’acquisto in saldo rappresenta sicuramente un’interessante opportunità per i consumatori perché vi è un ampio assortimento soprattutto nel tessile per poter effettuare acquisti ad un buon rapporto qualità/prezzo”.

Lo scenario generale, purtroppo, non è mutato e resta difficile – rileva Borghi – con una permanente debolezza dei consumi anche per il carico di spese obbligate e insopprimibili che grava sulle famiglie. Basti pensare all’ondata di tasse che ha sommerso i milanesi alla fine dell’anno appena chiuso. Anche per questo la nostra stima complessiva sui saldi invernali che si avviano indica un calo rispetto allo scorso anno, ma già dai dati di sabato 3, primo giorno, confidiamo in un buon avvio auspicando, alla fine del periodo, di poter cancellare la stima prudenziale negativa. Questi saldi invernali spero costituiscano un’occasione di rilancio per i negozi al dettaglio: un aiuto a invertire il trend negativo”.

Ecco perché con l’avvio dei saldi invernali 2015 FederModaMilano e Confcommercio Milano, in sintonia con le associazioni dei consumatori, rilanciano la tradizionale iniziativa dei “Saldi chiari”. Ecco i punti salienti: 

Carte di credito. Durante i saldi l’operatore commerciale non può rifiutare il pagamento con carta di credito.

Cambi merce. Il dettagliante si impegna a sostituire, se possibile, o a rimborsare i capi acquistati che presentano gravi vizi occulti così come previsto dal Codice Civile ed in particolare dalle norme di recepimento della Direttiva 1999/44/CE. Nel caso di non corrispondenza della taglia, il capo verrà sostituito con prodotti disponibili all’atto della richiesta di sostituzione. Qualora non fosse possibile la sostituzione per mancanza di capi o per mancato gradimento da parte del cliente, l’operatore rilascerà un buono acquisto di pari importo del prezzo pagato relativo ai capi da sostituire. Buono che il cliente dovrà spendere entro i successivi 120 giorni dall’emissione dello scontrino fiscale (che dev’essere presentato).

Prova prodotti. Il cliente ha diritto di provare i capi per verificarne la corrispondenza della taglia e il gradimento del prodotto. Sono esclusi dalla facoltà della prova i prodotti che rientrano nella categoria della biancheria intima e quei prodotti che, per consuetudine, non vengono normalmente provati.

Uniformità dei prezzi. Le catene di negozi che effettuano saldi si impegnano a porre in vendita gli stessi prodotti agli stessi prezzi. In caso di variazione del prezzo, la variazione viene praticata contemporaneamente in tutti i punti vendita della catena.

Riparazioni. Se il costo per l’adattamento o la riparazione dei capi acquistati è a carico del cliente, l’operatore commerciale deve darne preventiva informazione al cliente stesso e deve inoltre esporre, in modo ben visibile, un cartello informativo sul quale si dichiara espressamente che le riparazioni sono a carico del cliente.

Contenzioso. Eventuali contenziosi fra consumatori e imprese che aderiscono a “Saldi Chiari” saranno esaminati e giudicati dallo sportello di conciliazione istituito dalla Camera di Commercio di Milano.

Enel Green Power, colpo in Brasile

Nuovo colpo per Enel Green Power, che ha completato e allacciato alla rete elettrica l’impianto di Fontes dos Ventos, il primo parco eolico nello Stato di Pernambuco, nel nord est del Brasile.

L’impianto allacciato da Enel Green Power è composto da 34 turbine, per una capacità installata complessiva di 80 MW, e può generare circa 320 milioni di kilowattora all’anno. L’impianto è detenuto dalla società Parque Eolico Fontes dos Ventos Ltda, società controllata da Enel Brasil Participacoes Ltda.

Secondo una nota diffusa da Enel Green Power, la realizzazione dell’impianto eolico, in linea con gli obiettivi di crescita stabiliti nel piano industriale 2014-2018 della società, ha richiesto un investimento complessivo di circa 130 milioni di euro, parzialmente coperto da un finanziamento di IFC (International Finance Corporation), membro della World Bank Group.

Al nuovo parco eolico di Enel Green Power saranno abbinate per la prima volta in Brasile altre fonti di generazione. Nel prossimo gennaio sarà infatti avviata nella stessa area la costruzione di due parchi solari per una potenza complessiva di 11 MW. Una volta in esercizio, gli impianti solari genereranno oltre 17 milioni di kilowattora all’anno.

Le imprese italiane provano a crederci

Una ventata di ottimismo per le imprese italiane in questa alba di 2015 che guarda al futuro dell’economia ancora con incertezza. E la ventata viene da Unioncamere, che ha interpellato le imprese italiane nell’ambito dell’Eurochambres Economic Survey 2015, l’indagine realizzata ogni anno dai sistemi camerali europei.

Ebbene, dal sondaggio di Unioncamere emerge che quasi il 48% delle imprese italiane interpellate pensa che nel 2015 avrà una sostanziale stabilità degli affari, il 27,7% crede che le cose andranno meglio, mentre la percentuale dei pessimisti si ferma al 24,4%, poco meno di un quarto.

In sostanza, sembra che il sistema produttivo italiano inizi a credere, anche se timidamente, nella ripresa economica per il 2015. Un segnale di incoraggiamento per le imprese italiane.

Secondo Unioncamere, dunque, il sentiment complessivo torna positivo, dal momento che per le imprese italiane la differenza tra attese di aumento e di diminuzione del giro d’affari è del 3,3%. Se si considera che un anno fa la percentuale era del -12,8%, il recupero è spettacolare. Ma se si pensa che la media dei Paesi che hanno partecipato al sondaggio è del 10,6%, si capisce che di lavoro da fare ce n’è ancora tanto.

Ne è consapevole il presidente di Unioncamere, Ferruccio DardanelloLe imprese italiane, soprattutto quelle internazionalizzate, sperano davvero che il 2015 sia l’anno conclusivo di questa lunga e difficile crisi. Quest’anno l’Italia avrà appuntamenti importanti, primo tra tutti l’Expò, una straordinaria vetrina che proietterà l’immagine del nostro Paese nel mondo. Mi auguro che essa contribuisca a rilanciare anche il mercato interno, che mostra ancora grandi segni di sofferenza”.

Liberi professionisti, la difesa dei consulenti del lavoro

I liberi professionisti sono da sempre trattati, almeno dalla politica e dal mondo sindacale, come figli di un Dio minore. Dal Fisco no, tant’è vero che i liberi professionisti sono le vacche (sempre più magre) da spremere con tasse e balzelli, così come gli imprenditori.

Per fortuna ogni tanto qualcuno alza la voce in difesa dei liberi professionisti e del lavoro autonomo, ricordando a tutti come il settore sia vitale per l’economia del Paese, oltre che per il bagaglio di cultura e di formazione che si porta dietro.

Ora questo qualcuno sono i consulenti del lavoro, che attraverso la voce del presidente Marina Calderone ribadiscono con forza la necessità di tutelare il lavoro autonomo: “Come liberi professionisti, dobbiamo puntare sempre di più sulla nostra preparazione e formazione, sulla nostra capacità di ascolto e anche di proposizione. Anche perché il 2015 si apre con delle riforme in materia di lavoro che vedranno impegnati i consulenti del lavoro in primis, e tutte le professioni in generale. Per questo, ancora una volta vorremmo chiedere al governo un maggiore attenzione per un segmento spesso dimenticato ma che invece è molto importante: il lavoro autonomo“.

Calderone parla a difesa dei liberi professionisti anche in qualità di presidente del Cup, il comitato unico delle professioni: “Staremo a guardare e vigileremo sui decreti delegati al Jobs Act. Vorremmo vedere un’inversione di tendenza, una maggiore attenzione a tutti quelli strumenti che servono ad accompagnare le persone al lavoro, soprattutto le persone che non hanno un’occupazione perché l’hanno persa“.

Dopo aver espresso gli auspici per il 2015 per i liberi professionisti, Calderone chiude con uno sguardo al 2014 che si è appena concluso: “Il 2014 che si chiude è stato sicuramente un anno caratterizzato dal fenomeno che ci accompagna da qualche anno cioè la crisi che, abbiamo visto, ha contratto ancor di più i consumi e la capacità di spesa delle famiglie e ha amplificato i temi che i consulenti del lavoro seguono nello specifico: la crisi dei posti di lavoro. Questo è l’elemento caratterizzante di quest’anno, una situazione estremamente complicata. Ecco perché noi guardiamo con attenzione agli scenari futuri guardando anche agli strumenti che il governo vorrà mettere in campo per cercare di dare una riposta in termini di incentivi agli investimenti e di creazione di posti di lavoro“.

La grande mazzata delle tariffe pubbliche

Italiani brava gente, da prendere a mazzate tanto non dice mai niente. Un attacco in rima è quasi come un titolo in rima, un abominio nel giornalismo, ma di fronte ai numeri sulle tariffe pubbliche che testimoniano ancora una volta come noi italiani, cittadini e imprenditori, siamo sempre e solo cornuti e mazziati possiamo anche lasciare correre.

L’Ufficio Studi della Cgia ha infatti calcolato che tra il 2010 e il 2014 le tariffe pubbliche in Italia sono cresciute di ben il 19,1%, a fronte di una media europea dell’11,8%. Peggio di noi ha fatto solo la Spagna con un +23,7%, mentre l’Irlanda è riuscita nella dura missione di fare quanto noi in quanto a rincaro delle tariffe pubbliche. In Francia il rincaro medio delle tariffe pubbliche è stato del 12,9%, in Germania solo del 4,2%.

L’Ufficio studi della Cgia ha anche analizzato la tendenza che hanno seguito le principali tariffe pubbliche in Italia nell’ultimo decennio.

Tra il 2004 e i primi 11 mesi del 2014, in Italia si è registrato un incremento dell’inflazione pari al 20,5%, mentre la crescita delle tariffe pubbliche non è stata certo comparabile: acqua +79,5%, rifiuti +70,8%, elettricità +48,2%,  autostrade +46,5%, ferrovie +46,3%, gas +42,9%, mezzi pubblici +41,6%, taxi + 31,6%, poste +27,9%.

Tra queste tariffe pubbliche mancano all’appello solo i servizi di telefonia, che infatti hanno subito un calo: -15,8%, soprattutto per merito della concorrenza ampia e sana del settore.

Non poteva mancare la voce del segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, specialmente per quanto riguarda, il paradosso dei servizi di raccolta rifiuti e delle relative tariffe pubbliche: “Nel nostro Paese i rincari maggiori hanno interessato le tariffe locali. Se per quanto concerne l’acqua i prezzi praticati rimangono ancora adesso tra i più contenuti d’Europa, gli aumenti registrati dai rifiuti sono del tutto ingiustificabili. A causa della crisi economica, negli ultimi 7 anni c’è stata una vera e propria caduta verticale dei consumi delle famiglie e delle imprese: conseguentemente è diminuita anche la quantità di rifiuti prodotta. Pertanto, con meno spazzatura da raccogliere e da smaltire, le tariffe dovevano scendere, invece, sono inspiegabilmente aumentate. Si pensi che nell’ultimo anno, a seguito del passaggio dalla Tares alla Tari, gli italiani hanno pagato addirittura il 12,2 per cento in più, contro una inflazione che è aumentata solo dello 0,3 per cento”.

Del resto lo abbiamo detto all’inizio: nessuno è bravo come noi italiani a farsi spennare, anche e soprattutto se si parla di tariffe pubbliche.