Secondo un’analisi elaborata dall’Ufficio Studi della Cgia, gli italiani sono primatisti europei nell’utilizzo del contante e il numero di banconote in circolazione in Italia è in continuo aumento. Una crescita, fanno sapere dall’associazione, che negli anni della crisi è stato del 30,4%, con un totale circolante di massa monetaria contante che, nel solo 2014, ha sfiorato i 165 miliardi.
Tutto questo con buona pace di quanti cercano di diffondere la cultura del pagamento elettronico per mettersi al passo con i tempi e per aumentare la tracciabilità delle transazioni a beneficio della lotta all’evasione fiscale. Una tracciabilità ovviamente impossibile per il contante anche se, secondo la Cgia, non vi è quasi correlazione tra la soglia limite all’uso di cartamoneta imposta per legge (1000 euro) e il rapporto tra imponibile Iva non dichiarata e Pil, ossia l’evasione fiscale.
E a proposito di soglie di utilizzo del contante, la Cgia ricorda che tra i principali membri dell’Ue, 11 Paesi non prevedono limiti all’uso del contante. Tra quelli che hanno messo una soglia, Francia e Belgio si fermano a 3mila euro, la Spagna a 2.500, la Grecia a 1.500 euro, mentre l’Italia e il Portogallo hanno le soglie più basse per l’utilizzo del contante: 1.000 euro.
Ma quali sono le ragioni di questo record? “Il diffusissimo uso del contante è correlato al fatto che in Italia ci sono quasi 15 milioni di unbanked – sostiene Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – ovvero di persone che non hanno un conto corrente presso una banca. […] Questa specificità tutta italiana va ricercata nelle ragioni storiche e culturali ancora molto diffuse in alcune aree e fasce sociali del nostro Paese. Non possiamo disconoscere che molte persone di una certa età e con un livello di scolarizzazione molto basso preferiscono ancora adesso tenere i soldi in casa, anziché affidarli ad una banca. Del resto, i vantaggi economici non sono indifferenti, visto che i costi per la tenuta di un conto corrente sono in Italia i più elevati d’Europa”.
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