Che il meccanismo dello split payment potesse essere un danno per le aziende, se non una vera e propria sòla, lo avevamo già scritto e intuito in tempi non sospetti. Ora anche la Cna lo mette nero su bianco, cifre alla mano. E sono cifre che fanno rabbrividire.
In una nota della Confederazione nazionale dell’artigianato si legge che “nel 2015 le imprese soggette allo split payment e al reverse charge avranno un ammanco mensile di 2 miliardi di euro“. Mica bruscolini. Secondo gli artigiani, le imprese più penalizzate dal meccanismo dello split payment saranno quelle che lavorano con la Pubblica amministrazione. “Le imprese che lavorano per la Pa – si legge ancora nella nota -, circa 2 milioni in tutto, soffriranno di un ammanco di cassa mensile pari a 1,5 miliardi, a causa del mancato incasso dell’Iva. In media, ognuna di loro avrà bisogno di 9.300 euro al mese. Le 310mila imprese destinatarie del reverse charge sconteranno, nel complesso, un ammanco mensile di circa 340 milioni, in media 1.110 euro ognuna“. Non bastasse già la crisi…
Secondo l’Osservatorio Cna sulla tassazione delle piccole imprese, queste cifre sono il combinato disposto dell’applicazione dello split payment, unita a quella del reverse charge. Così come lo split payment penalizzerà soprattutto le imprese che lavorano con la Pa, il reverse charge danneggerà invece le imprese che operano nel settore “installazione impianti, con un deficit finanziario di 212 milioni al mese. Seguono le imprese edili che si occupano di completamento di edifici, con un ammanco mensile di 104 milioni”. Imprese in buona compagnia (si fa per dire…), insieme a quelle che effettuano pulizie di edifici per altre società: -28 milioni al mese.
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