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Pmi italiane frenate dall’illegalità

La ripresa delle Pmi italiane? Non è frenata solo dalla difficoltà di accesso al credito e da un mercato che non cresce, ma anche dalla palla al piede dell’illegalità. È questo il senso di quanto emerge da una ricerca sulle Pmi italiane nell’ambito della V edizione del Focus Pmi, organizzato dallo Studio LS Lexjus Sinacta e dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne e incentrato sul tema del “valore economico della legalita”.

La ricerca ha coinvolto 1150 Pmi italiane, che hanno individuato tra i nemici della produttività legati all’illegalità corruzione, usura e racket, riciclaggio, contraffazione, lavoro sommerso. Per le aziende intervistate, in un ambiente privo di illegalità, il loro fatturato resterebbe stabile nel 36,6% dei casi, crescerebbe di meno di un quarto nel 47,3% %, nel 23,4% dei casi aumenterebbe del 13,4% e nel 2,6% di oltre il 50%.

Ma qual è, tra le Pmi italiane, la percezione delle regioni più “criminali”? Soprattutto Calabria, Campania (dove opera il maggior numero di imprese condizionate dall’illegalità), Puglia, Umbria e, al Nord, la Liguria. Hanno un percepito di criminalità medio-basso regioni come Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte e Sicilia. Anche se, soprattutto nel caso della Lombardia, questo percepito delle Pmi italiane è poi contraddetto dalla cronaca.

Interessante, e preoccupante, il fatto che l’88,7% delle Pmi italiane intervistate pensi che il sistema economico porti in sé uno o più elementi che minano la trasparenza e la sicurezza del mercato. Nello specifico, si tratta di elementi come leggi poco chiare (41,7%), mercato non sicuro (21%), imprenditori improvvisati (18,7%), scarsa capacità di vigilanza (12%).

Al contrario, chi porta avanti le Pmi italiane pensa che la legalità risieda soprattutto nel rispetto delle leggi e dell’ordine pubblico (31,8%), nella trasparenza amministrativa (29,5%), nella libertà di azione imprenditoriale (18,3%) e nella sicurezza del mercato (9,6%).

Infine, quali sono le Pmi italiane più immuni dall’illegalità? Secondo lo studio, si tratta di imprese con almeno 50 addetti e un fatturato superiore ai 2,5 milioni di euro, molto internazionalizzate e caratterizzate da un’elevata longevità. Le altre… tengano duro.

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