Giugno, il mese nero del salasso fiscale

Giugno, il mese più temuto dalle famiglie e dalle imprese italiane è ormai iniziato: entro le prime due settimane, infatti, saranno chiamate a versare all’Erario e agli enti locali oltre 56 miliardi di tasse tra Imu, Tasi, Irpef, addizionali sulle persone fisiche, Irap, Ires, Iva e Tari. E, come se non bastasse, altri 33,6 miliardi sono attesi con la scadenza del 16 luglio. L’imposta che graverà maggiormente sui bilanci delle aziende italiane come un macigno di diverse tonnellate sarà inevitabilmente l’Ires (l’Imposta sui redditi delle società di capitali): secondo i calcoli effettuati dalla Cgia di Mestre, porterà nelle casse dello Stato la bellezza di 10 miliardi e mezzo di euro, spicciolo più spicciolo meno. Altrettanto gravoso anche il versamento delle ritenute Irpef da 10,4 miliardi di euro circa.

Sia gli imprenditori sia i lavoratori autonomi, ovviamente, dovranno anche versare il saldo 2014 e la prima rata d’acconto 2015 delle imposte sui redditi Irpef, Ires e Irap e corrispondere il tributo camerale che da quest’anno è stato ridotto del 35%, con un risparmio per le imprese di circa 280 mln di euro. Insomma, non ci sono rimaste manco più le lacrime, figurarsi il sangue…

La ripresa (seppur flebile) delle Pmi italiane nel primo semestre 2015

La luce in fondo al tunnel inizia a farsi meno flebile. Se il quadro relativo alla situazione 2014 per l’Italia mostra ancora una leggera flessione per l’attività economica (0,4% l’interno lordo), dopo le drammatiche contrazioni delle due annate precedenti dove il Pil si ridusse del 2,8% nel 2012 e dell’1,9% nel 2013, ecco che le prospettive per il secondo semestre dell’anno e per i primi mesi del 2016 possono essere lette con un pizzico di ottimismo. Per quanto riguarda le piccole e medie imprese si intravede la ripresa e la necessità di assumere: 4 imprese su 5 (80%), secondo un’indagine su un campione di oltre mille imprese sul territorio nazionale, non necessitano di ridurre personale entro il 2016, mentre una su tre (32%, il 25% solo il mese scorso) intende aumentare il numero dei propri dipendenti entro i prossimi 12 mesi.

Seppur lento e in certi frangenti impercettibile, il lento miglioramento nelle condizioni del mercato del lavoro alimentato dalle Pmi nostrane si evidenzia nel confronto anno su anno. A sostenere i numeri e le percentuali raccolte ci sono, secondo le segnalazioni, “un giro d’affari tornato a crescere” e la percezione che “la ripresa appena iniziata possa consolidarsi nel tempo”.

Relativamente alla movimentazione aziendale, va rilevato che nel primo trimestre 2015, nonostante il Pil sia tornato a crescere dello 0,3%, sono nate 114.502 nuove iniziative economiche, 872 in meno dello stesso periodo dello scorso anno. Si tratta della quarta contrazione consecutiva del numero delle nuove imprese iscritte nei Registri delle Camere di Commercio, ma comunque inferiore a quella degli anni precedenti e che fa ben sperare in un segno positivo nei prossimi mesi.

Merletti: “Tutelare le 600.000 imprese del Made in Italy”

Dopo la polemica con Renzi per la miriade di tweet delle ultime settimane – “Non bastano i twitter per governare” aveva dichiarato il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti – torna a rispondere colpo su colpo il numero uno della più rappresentativa organizzazione italiana dell’artigianato e della micro e piccola impresa questa volta in relazione al negoziato sulla tutela del Made in Italy sul quale oggi a Bruxelles si è registrato l’ennesimo stallo.

“Nessun passo indietro, nessun cedimento nella difesa del patrimonio manifatturiero italiano. L’Italia – ha dichiarato il presidente Merletti nelle scorse ore – non deve rinunciare a difendere l’origine dei propri prodotti e a valorizzare il patrimonio manifatturiero rappresentato da quasi 600.000 imprese con più di 16 milioni di addetti, di cui il 58% in micro e piccole imprese fino a 20 addetti. Le imprese artigiane manifatturiere sono 326.226 e danno lavoro a 974.987 addetti. Con questi numeri, se non è l’Italia a tutelare l’identità delle produzioni, quale altro Paese europeo è più interessato?”.

“Il Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi – ha concluso il più alto rappresentante di Confartigianato – proprio oggi ha detto che il Governo punta alla valorizzazione del sistema manifatturiero italiano per il futuro della nostra economia. Allora si stringa il negoziato per raggiungere il risultato in sede di Consiglio Europeo. Ne va della difesa del patrimonio manifatturiero dell’artigianato e dell’impresa diffusa, del diritto dei consumatori a una corretta informazione sull’origine dei beni acquistati, della lotta al grave fenomeno della contraffazione che nel mondo fattura 200 miliardi l’anno e che in Italia ‘vale’ 6.924 milioni, pari allo 0,45% del Pil. Confartigianato continuerà battersi affinchè l’Europa riconosca e approvi l’obbligo di indicare il marchio ‘made in’ sui prodotti al fine di garantirne la piena tracciabilità”.

Gruppo Europa, il franchising delle polizze sanitarie

Tra i franchising che offrono servizi, c’è anche quello delle agenzie Gruppo Europa, specializzata nel settore delle polizze sanitarie per chi viaggia, e che quindi sta per entrare nel clou della stagione lavorativa.

Diventare franchisee di questo marchio è piuttosto semplice, considerando che si ricevono affiancamenti e supporti nelle fasi di riapertura dell’agenzia, ma anche in seguito, quando la filiale ha già il suo giro di clienti.

Gli affiliati ricevono una formazione di 31 giorni con uno stage compreso.
Ma non è tutto. Ecco cosa è previsto per aiutare i nuovi franchisee:

  • supporto per l’individuazione della migliore location in cui posizionare la nuova agenzia
  • assistenza per il disbrigo delle pratiche amministrative per la richiesta delle autorizzazioni necessarie per l’attivazione dell’agenzia
  • lo studio e la produzione dell’allestimento grafico / pubblicitario dell’agenzia
  • l’organizzazione e la programmazione dell’evento di inaugurazione dell’agenzia

Assistenza per tutta la durata dell’affiliazione:

  • Aggiornamenti quotidiani online
  • Corsi annuali presso la sede
  • Supporto on line e telefonico da parte delle persone di Gruppo Europa per il disbrigo di qualsiasi caso accorso all’agenzia
  • Supporto marketing per l’organizzazione e l’attivazione di tutte le proficue azioni di promozione dell’agenzia sul territorio
  • Supporto commerciale nell’individuazione dei target di clientela specifici di ogni area di competenza dell’attività di agenzia
  • Elaborazione di materiale promozionale studiato ad hoc per ogni singola esigenza
  • Supporto in loco di nostro personale per la gestione delle attività di marketing e commerciali

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito Gruppo Europa.

Gli stranieri tornano ad investire nel Made in Italy

Il Made in Italy sta ricominciando ad essere appetibile agli investitori internazionali.
Dopo un periodo nero, con gli investimenti ridotti all’osso, che aveva determinato, tra il 2007 e il 2013, un crollo del 58%, il 2014 ha finalmente registrato una ripresa, con un’impennata di acquisizioni di imprese italiane per un controvalore di 20 miliardi di euro.

Questi dati sono stati resi noti dal rapporto Italia Multinazionale dell’agenzia Ice, in cui, comunque, si evidenzia ancora un gap da recuperare con gli altri paesi europei.
Se, infatti, il rapporto tra investimenti esteri e Pil del nostro Paese è di circa il 20%, meno della metà rispetto alla media Ue, che è assestata al 49%.

Ma secondo Riccardo Monti, il presidente dell’Ice, questi segnali di ripresa rappresentano una rinnovata fiducia nei confronti dell’Italia.

Le premesse ci sono, e sembrano molto chiare: il 2015 è iniziato con l’acquisizione di Pirelli da parte di ChemChina, una maxi opa da 7,5 miliardi di euro, e quella del progetto urbanistico di Milano Porta Nuova, 2 miliardi di valore ora in mano al fondo del Qatar.

Ma, se questi sono investitori orientali, la maggior parte di coloro che sono interessati al Made in Italy provengono da Nord America ed Europa, circa l’85% del totale.
Ma potrebbe trattarsi di una percentuale destinata a scendere, in favore proprio dei Paesi emergenti, come Cina, India, Russia e altri Paesi asiatici, i cui investimenti sono cresciuti del 255% dal 2000 a oggi, contro il +17,5% di Usa e Ue.

Lo stesso trend si nota negli investimenti in Borsa: in 20 società nazionali quotate, è presente almeno un investitore rilevante, con più del 20% delle azioni, che arriva da Paesi Arabi, Cina e Russia.

Altri esempi illustri sono Dainese, lo storico brand di abbigliamento per motociclismo ceduto al fondo d’investimento del Bahrain Investcorp, e la casa di moda vicentina Pal Zileri venduta al fondo del Qatar Mayhoola for Investment.

A farla da padrone, comunque, rimane il settore della manifattura, che è interessato da un terzo degli investimenti. Alcuni pezzi importanti dell’industria tricolore sono, infatti, finiti in mani esperi, come la società di compressori per elettrodomestici Acc di Belluno, passata sotto il controllo dei cinesi di Wanbao Group; Mangiarotti SpA, produttore di componenti per l’industria nucleare, petrolio e gas con sede a Pannellia di Sedegliano (Udine) e stabilimento a Monfalcone, finita nel perimetro degli americani di Westinghouse.

L’interesse degli investitori, inoltre, è sempre più pressante nei confronti di Generali, dove Blackrock, colosso americano del risparmio gestito, ha in mano il 2,61% del capitale, e People Bank of China possiede il 2,2%.

C’è da dire, a onor del vero, che le imprese italiane non fanno esclusivamente la parte delle prede, poiché il saldo entrate-uscite è ancora favorevole al Made in Italy. Sono 11.325 le imprese italiane con partecipazioni all’estero per 1,537 milioni i dipendenti e un fatturato di 565,3 miliardi di euro.
Nel 2013 i maggiori gruppi manifatturieri italiani con organizzazione multinazionale hanno prodotto il 67% dei loro beni all’estero e solo il 9% del fatturato è realizzato in Italia contro il 91% all’estero.

Vera MORETTI

Nuovi decreti per Conto Termico e FER

Il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi ha anticipato l’arrivo di nuovi decreti volti a regolamentare gli incentivi relativi a Conto Termico e fonti rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico.

Il ministro, confermando la definizione del nuovo Conto Termico e di un decreto-ponte sugli incentivi per le rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico entro il 2017, ha dichiarato: “Gli oneri di incentivazione sono saliti da poco più di 2 miliardi di euro nel 2009 ai 12 miliardi di oggi. Nonostante molti tentativi di ridurne il peso costituiscono l’85% degli oneri di sistema e incidono per un quarto della spesa elettrica di una famiglia. Le rinnovabili restano tra le priorità, ma vorremmo indicare criteri per una revisione, continuando a sostenere lo sviluppo delle rinnovabili, ma con più attenzione per i costi e le ricadute sul sistema produttivo.
Per il fotovoltaico il tetto di 6,7 miliardi di euro all’anno è stato già raggiunto al 2013, ma rimangono significativi incentivi impliciti. Sulle altre fonti il tetto fissato a 5,8 miliardi l’anno ha un contatore che indica 5,7 miliardi e come Ministero intendiamo emanare a breve un intervento che valga fino al 2017, quando partirà la nuova fase di incentivi, che riutilizzi a favore del settore le risorse che si renderanno via via disponibili pur nel rispetto del tetto, individuando criteri selettivi per la loro allocazione
“.

Nel frattempo, il ministro ha già trasmesso la bozza del decreto al Ministero dell’Ambiente e alle Politiche agricole. La pubblicazione definitiva avverrà solo dopo averne ricevuto il parere dal Ministero.

Vera MORETTI

Lavoratore dipendente e a partita Iva? Si può

Ci sono particolari situazioni in cui è possibile che un lavoratore dipendente abbia anche una partita Iva, e che, quindi, percepisca una busta paga aziendale ma anche altri redditi che derivano da un lavoro autonomo.

Ciò accade quando nasce la necessità di migliorare la propria condizione economica o per fare spazio ad un hobby, o una passione, che diventa un secondo lavoro.

Le motivazioni, comunque, sono soggettive, ma sta di fatto che le partite Iva sono in continuo aumento, soprattutto quelle aperte da lavoratori che già percepiscono uno stipendio da dipendenti.
Nonostante questa tendenza sia in crescita, ci sono ancora molti dubbi circa il versamento dei contributi INPS, gli obblighi di comunicazione ai datori di lavoro, il cumulo dei redditi.

Un dipendente privato può aprire una partita Iva, sia come ditta individuale sia come libero professionista, ma l’importante è che non ci sia concorrenza tra il lavoro svolto come dipendente e quello a partita Iva, se il contratto lo vieta.
Se, infatti, non c’è nessun esplicito divieto, non sussistono problemi di coesistenza tra le due attività.

Il Codice Civile, a questo proposito, è molto chiaro: “esiste l’obbligo di fedeltà del lavoratore di non trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.
La violazione dell’obbligo di fedeltà costituisce inadempimento contrattuale che dà luogo a responsabilità disciplinare e, nella maggior parte dei casi, integra la giusta causa di licenziamento. Il lavoratore è inoltre tenuto al risarcimento dei danni subiti dal datore di lavoro
“.

Per quanto riguarda la contribuzione previdenziale INPS:

  • in caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato full-time (ovvero con almeno 26 ore lavorative settimanali) che avvia un’attività d’impresa commerciale, se è possibile qualificare il lavoro in azienda come prevalente sia in termini di tempo che in termini reddituali (reddito annuo come lavoratore dipendente maggiore del reddito derivante dall’attività commerciale), non è necessaria l’iscrizione alla Gestione commercianti dell’INPS né il versamento di ulteriori contributi. Una volta avviata l’attività l’INPS invierà al lavoratore comunque una comunicazione in merito all’iscrizione del soggetto alla Gestione commercianti, tuttavia sarà sufficiente rispondere spiegando i motivi che prevedono la cancellazione dell’iscrizione e provando l’esistenza del rapporto di lavoro dipendente allegando una copia dell’ultima busta paga percepita.
  • nel caso di lavoratore dipendente che avvia un’attività da libero professionista, è previsto l’obbligo di iscriversi alla Gestione separata INPS versando il contributo proporzionale del 18%;
    in caso di contratto di lavoro a tempo determinato bisogna valutare se complessivamente nel corso dell’anno il periodo trascorso come lavoratore dipendente può essere o meno considerato prevalente rispetto all’attività commerciale esercitata.

Vera MORETTI

Voucher per l’internazionalizzazione delle pmi

E’ in arrivo un voucher di 10mila euro destinato alle imprese, che possono essere anche cooperative o reti di imprese, che abbiano fatturato almeno 500mila euro in almeno uno degli ultimi tre esercizi.
Il voucher permette a queste pmi di dotarsi di un temporary export manager, ovvero di personale specializzato che possa sostenerle durante i delicati processi di internazionalizzazione.

Il bando export vuole favorire la crescita del Made in Italy ed è previsto dal decreto Sblocca Italia, che fa parte del Piano straordinario per l’internazionalizzazione messo a punto dal viceministro allo Sviluppo, Carlo Calenda, da 260 milioni di euro per il 2015.

Tale bando dovrebbe essere attivato entro giugno, come ha confermato lo stesso Calenda: “A giugno lanceremo il voucher per i temporary export manager che altrimenti conterebbero all’impresa tra i 100.000 ed i 150.000 euro. Le piccole imprese non ce la farebbero a permetterselo. Abbiamo investito 20 milioni di euro su questo“.

Tra gli obiettivi del “Piano straordinario per il rilancio internazionale dell’Italia” ci sono:

  • aumentare la platea delle imprese esportatrici di almeno 20 mila unità nei prossimi 3 anni;
  • aumentare i ricavi oltre confine di almeno 50 miliardi di euro, oggi fermi a quota 389 miliardi;
  • attrarre investimenti esteri in Italia per 20 miliardi l’anno;
    far crescere l’e-commerce.

Vera MORETTI