Di solito quando si pensa al made in Italy e, soprattutto, ai prodotti d’esportazione più celebri, si parla spesso delle famose “tre F”, food (cibo), fashion (moda) e furniture (arredamento). In realtà c’è un settore meno reclamizzato del made in Italy che però è trainante quasi quanto gli altri, dal momento che vale da solo il 7% delle esportazioni: la meccanica e i macchinari.
Lo sa bene Sace (società del Gruppo Cassa depositi e prestiti, specializzata in prodotti assicurativi e finanziari) che in un focus del proprio Ufficio Studi ha rilevato come l’export dei macchinari made in Italy valga 74 miliardi di euro, una cifra che fa dei cosiddetti “beni strumentali” un fiore all’occhiello delle nostre aziende all’estero, un settore strategico in molte filiere produttive dell’industria manifatturiera mondiale.
Secondo Sace, però, le potenzialità di questa industria per la promozione del made in Italy sono ancora tutte da esplorare. Se l’industria meccanica si promuovesse nello stesso modo in cui si promuovono i prodotti a valle della filiera, si potrebbero fatturare almeno 12 miliardi di euro di export in più in 4 anni, toccando quota 90 miliardi nel 2018.
Ma quali sono, secondo Sace, i mercati d’elezione per questo made in Italy non strillato ma estremamente efficace? Sono un puzzle molto variegato, che comprende tanto i principali importatori mondiali (Usa, Cina, Germania, Francia, UK), quanto i mercati che si stanno maggiormente espandendo in questi anni, in primis Messico e Turchia, ma anche Arabia Saudita, Thailandia e Polonia.
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