Agroalimentare italiano alla conquista dell’Iran

L’agroalimentare italiano non conosce frontiere e rimane, per la nostra economia, un formidabile gancio di traino. Lo sa bene Federalimentare, tanto che nei giorni scorsi il suo presidente, Luigi Scordamaglia, ha partecipato al Business Forum Italia-Iran a Teheran, una missione imprenditoriale nell’ex Persia guidata dal vice ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda.

Non è un caso la scelta dell’ex Paese degli scià: nei primi otto mesi del 2015, infatti, l’export dell’ agroalimentare italiano verso l’Iran è cresciuto del 21,9% rispetto al 2014, per un controvalore di 11,08 milioni di euro. E i possibili sviluppi sono infiniti. Considerando il progressivo allentamento delle sanzioni economiche internazionali verso l’Iran, la diffusione di abitudini di consumo e di shopping simili a quelle occidentali e il potenziale bacino di consumatori (78 milioni di persone), l’ agroalimentare italiano nel Paese può ritagliarsi un ruolo di primo piano.

Del resto, lo scopo della missione a Teheran, alla quale non hanno partecipato direttamente le aziende italiane, è stato proprio quello di favorire l’ingresso dell’ agroalimentare italiano in Iran dopo la fine delle sanzioni internazionali, mettendo in atto delle efficaci politiche di import-export.

L’Iran, con una produzione agricola qualificata, ma non sufficiente a coprire i suoi fabbisogni alimentari – ha ricordato Scordamaglia -, potrebbe unirsi a quei Paesi che, dalla Russia all’Africa subsahariana, alla Cina, stanno già chiedendo alle nostre industrie di investire anche sui loro territori, di valorizzare in maniera lungimirante e non predatoria, come solo noi sappiamo fare, la loro produzione agricola, chiedendo di associare al made in Italy anche il made with Italy”.

E che l’ agroalimentare italiano sia, per la nostra economia, quasi come il petrolio, lo ha ricordato il presidente di Federalimentare concludendo che “l’obiettivo è che si verifichi in Iran quanto già accaduto con altri sbocchi importanti del Medio Oriente, come gli Emirati Arabi e l’Arabia Saudita, dove in appena dieci anni l’export del made in Italy ha raggiunto rispettivamente 170 e 137 milioni di euro, con tassi di crescita annuale del 40% circa“.

Passa lo straniero…

Sono sempre di più, in Italia, le imprese straniere del commercio e del turismo. Secondo un’analisi di Confesercenti, nel 2015 sono 238.270. Incrementi record per il commercio ambulante (+38%) e per il commercio al dettaglio in esercizi non specializzati (+36%), categoria che racchiude i minimarket, alimentari e non.

Contributi alle imprese femminili a Ferrara

Le camere di commercio e le amministrazioni locali sono sempre molto attente alle potenzialità dell’imprenditoria femminile e non mancano, quando possono, di erogare misure a sostegno delle donne in impresa.

Va in questo senso il bando 2015-2016 indetto dalla Camera di Commercio di Ferrara per l’assegnazione di contributi alle imprese femminili del territorio. L’ente camerale mette infatti sul piatto contributi alle imprese femminili per un valore di 30mila euro, da erogare ad aziende nuove o in fase di sviluppo.

I contributi alle imprese femminili previsti dal bando sono destinati ad aspiranti imprenditrici o a imprese in forma societaria a prevalente partecipazione femminile; a imprenditrici in stato di occupazione, cassa integrazione o disoccupazione che siano iscritte alle liste di mobilità e abbiano residenza o domicilio nella provincia di Ferrara; ad aspiranti imprenditrici che vogliano avviare un’attività sul territorio entro il 30 settembre 2016.

Inoltre, potranno aderire al bando per i contributi alle imprese femminili le nuove imprese o quelle già esistenti che abbiano sede e/o unità operativa nella provincia di Ferrara e che siano iscritte al Registro imprese della locale Camera di commercio dall’1 luglio 2015.

Le aziende che aderiranno al bando e saranno selezionate riceveranno contributi alle imprese femminili pari al 40% dell’importo complessivo delle spese ammesse e sostenute, fino a un massimo di 4mila euro.

Le domande per aderire al bando per i contributi alle imprese femminili devono essere inviate entro il 27 febbraio 2016 all’indirizzo PEC protocollo@fe.legalmail.camcom.it, con in allegato la modulistica scaricabile dalla pagina del sito della Camera di Commercio di Ferrara dedicata ai finanziamenti per le imprese femminili.

Online il software Segnalazioni 2015

Abbiamo parlato ieri della pubblicazione sul sito dell’Agenzia delle Dogane della versione aggiornata del software Intr@web 2015. Oggi segnaliamo un’altra novità informatica, la disponibilità sul sito dell’Agenzia delle Entrate del software Segnalazioni 2015.

Segnalazioni 2015 è il software con il quale i contribuenti possono segnalare all’Amministrazione finanziaria le proprie ragioni relativamente a situazioni di non coerenza, non congruità o non normalità che risultino dall’applicazione degli studi di settore per il periodo d’imposta 2014.

Sempre con Segnalazioni 2015 è possibile segnalare al fisco informazioni o precisazioni sull’indicazione in dichiarazione di cause di inapplicabilità o di esclusione dagli studi dagli studi di settore.

Per poter utilizzare Segnalazioni 2015 è necessario accedere all’area riservata Entratel/Fisconline, autenticandosi con le proprie credenziali; una volta nel sistema, selezionare Comunicare – Segnalazioni Studi di Settore/Unico 2015.

Partite Iva centrali per la ripresa? Balle

A volte non si sa se fa più male leggere certi numeri e certe statistiche relative alle partite Iva in senso assoluto o in comparazione con altri dati sempre riguardanti i lavoratori autonomi. Ciò che è certo è che le cosiddette serie storiche dei dati aiutano a riflettere e a fare considerazioni troppo spesso amare. Anche e soprattutto nei confronti delle partite Iva.

Abbiamo scritto ieri dello studio della Cgia che ha evidenziato come, nel 2014, una famiglia su quattro il cui reddito è stato dipendente da partite Iva ha vissuto al di sotto della soglia di povertà. Un dato inquietante, che inquieta ancora di più se vediamo che cosa scrivevano gli artigiani mestrini un anno fa.

Sconcerta infatti constatare che la percentuale di partite Iva che, nel 2014, si sono trovate in questa condizione di permanente necessità sia rimasta invariata rispetto al 2013: 24,9% era, 24,9% è rimasta. Dove sono quindi, gli investimenti e le iniziative a favore della libera professione tanto pubblicizzate dall’attuale governo? Quelle che ci sono, evidentemente, non funzionano.

E non funzionano nemmeno quelle a sostegno dei dipendenti, che già di loro possono godere di una certezza del reddito (alto o basso che sia) e di misure a sostegno di quest’ultimo nel caso della perdita del lavoro. Nel 2013 erano il 14,4% delle famiglie di questa categoria a essere al di sotto della soglia di povertà, mentre nel 2014 sono cresciute al 14,6%. Si salvano per il rotto della cuffia i pensionati: il 20,9% era in povertà nel 2013 e tale è rimasto nel 2014.

Allo stesso modo, il paragone tra le cessazioni di attività delle partite Iva e il numero di lavoratori dipendenti che ha perso il posto dal 2008 al primo semestre 2014 e al primo semestre 2015 è impietoso nei confronti degli autonomi: 2014, -6,3% autonomi e -3,8% dipendenti; 2015, -4,8% autonomi e -2,4% dipendenti. Insomma, c’è qualcosa che non va. Sempre a danno delle partite Iva.

Tanto per rincarare la dose, poi, citiamo anche i dati del quarto rapporto Adepp (Associazione degli Enti Previdenziali Privati) sulla previdenza privata, secondo il quale dal 2005 al 2013 i redditi medi reali prodotti dalle partite Iva sono scesi del 13%, che significa -18% in termini di volume d’affari vicino al 18 per cento.

Solo prendendo ad esempio alcune tra le più rappresentative categorie di partite Iva, un architetto o un ingegnere under 40 hanno guadagnato in media 18.187 euro all’anno contro i 29.455 di un dipendente privato e i 35.157 di un dipendente pubblico. Più o meno quanto le partite Iva iscritte alla gestione separata dell’Inps (18.640 euro). Meglio è andata, si fa per dire, ai commercialisti (23.207) e agli avvocati (24.738).

Categoria, quest’ultima, con il 45% degli iscritti che ha un reddito inferiore a 10.300 euro all’anno e nella quale, nel 2013, oltre 2.500 iscritti hanno chiuso in perdita e oltre 22mila non hanno inviato alla Cassa forense il pagamento dei contributi legato al fatturato.

Partite Iva centrali per la ripresa economica del Paese? Ma di che cosa stiamo parlando se le partite Iva più fortunate riescono a farsi pagare a 90 giorni (quando vengono pagate…) e non possono fruire dell’Iva per cassa, per cui devono scegliere se pagare tasse e contributi o mettere in tavola un piatto di minestra per sé e la famiglia ogni sera? Ma andiamo!