C’è fame di smart working

C’è fame di smart working

Lo scorso 18 febbraio si è celebrata la Giornata del lavoro agile, smart working per chi pensa di parlare bene. Un modo di lavorare che, da moda passeggera, si avvia a diventare qualcosa di strutturale, grazie anche al quadro normativo che, di recente, il governo ha provato a dare al fenomeno.

Ma lo smart working è impegnativo. Per far sì che le aziende possano mettere in opera politiche efficaci di lavoro agile sono necessarie una svolta e una maturazione sia strutturale sia culturale nelle aziende italiane. Strutturale, perché le politiche di smart working necessitano di soluzioni tecnologiche e di device da fornire ai dipendenti. Culturale – e questa è la più difficile in Italia – perché nel nostro Paese il concetto e l’idea di produttività sono ancora molto legate alla presenza fisica del dipendente sul posto di lavoro. Con la convinzione che un dipendente che lavora sotto l’occhio del padrone sia più efficiente e produttivo. Convinzione errata, come dimostrato da diversi studi.

A testimonianza di quanto il concetto di smart working sia ancora penetrato nel mercato del lavoro italiano e nei pensieri dei dipendenti, arriva l’indagine ”Work Trends Study”, svolta da Adecco proprio in occasione della Giornata del lavoro agile, i cui risultati fanno riflettere.

Secondo quanto emerso dall’indagine, il 67,7% dei candidati lavoratori dichiara di non aver mai sentito parlare di smart working, così come il 28% dei recruiter e degli HR manager. Inoltre, le imprese pensano che lo smart working potrà diffondersi difficilmente, soprattutto a causa della struttura e dell’organizzazione delle aziende (59,4%) e di una carenza di investimenti nella cosiddetta gestione del cambiamento (51%).

Nonostante questo, però, oltre la metà degli intervistati (57,2%) sarebbe incline a lavorare da casa, il 40,5% lavorerebbe fuori ufficio e in qualsiasi altro luogo utilizzando il proprio dispositivo mobile, mentre solo l’8,5% non è favorevole a lavorare al di fuori del proprio ufficio. Insomma, la fame di smart working c’è, tocca alle aziende preparare un menù appetitoso.