Agroalimentare tra export e deflazione

Agroalimentare tra export e deflazione

Sono passati ormai quattro mesi dalla fine di Expo 2015, evento che ha acceso un faro di dimensioni mondiali sul comparto agroalimentare italiano. Ma come è messo, oggi, quello che è uno dei capifila dell’eccellenza italiana all’estero?

All’apparenza bene. Secondo i dati Istat riferiti al 2015, il Pil italiano è cresciuto dello 0,8% su base annua rispetto al 2014, anche e soprattutto grazie all’agricoltura, che ha fatto registrare lo scorso anno il più elevato aumento di valore aggiunto, +3,8%, accompagnato al record per l’export agroalimentare, che ha raggiunto quota 36,8 miliardi di euro (+7,5% sul 2014). Una nuova giovinezza per l’agricoltura e l’agroalimentare, che si accompagna al +16% giovani occupati nel comparto, pari a oltre 20mila unità.

Dati buoni, dei quali si è accorto anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina: “Le nostre tre priorità assolute sono tutelare il reddito di chi vive di agroalimentare, favorire il ricambio generazionale e organizzare su basi nuove le nostre filiere eccellenti. Non è un caso che nella Legge di Stabilità l’agroalimentare abbia avuto una centralità assoluta: infatti da quest’anno tagliamo del 25% la pressione tributaria sulle aziende, cancellando Irap e Imu sui terreni, per un valore di 600 milioni di euro. Con lo stesso obiettivo abbiamo proposto una riforma della nostra organizzazione per approdare a un vero e proprio ministero dell’ Agroalimentare italiano in grado di dare unità e forza al settore”.

La ripresa di un ruolo centrale nell’economia da parte dell’ agroalimentare italiano è sottolineata anche da Coldiretti. Secondo l’organizzazione degli agricoltori, “il valore aggiunto agricolo cresce grazie all’export e alla ripresa dei consumi alimentari delle famiglie, che tornano positivi dopo sette anni di flessione. Tuttavia destano preoccupazione i segnali di deflazione provenienti dalle campagne italiane a causa del crollo dei prezzi pagati ai produttori, dal -60% per i pomodori al -30% per il grano duro fino al -21% delle arance rispetto all’anno scorso. La situazione sta assumendo toni drammatici anche per gli allevamenti, con le quotazioni per i maiali nazionali destinati ai circuiti Dop, ben al di sotto del livello per la copertura dei costi di produzione. La situazione non è facile nemmeno per i bovini da carne e per il settore lattiero-casario”.

In sostanza, quindi, se da un lato il settore dell’ agroalimentare si dimostra trainante per l’economia, specialmente nel rapporto con i mercati esteri, dall’altro la politica dei prezzi praticati nei confronti dei produttori rischia di minare alla base le buone performance del settore. Un rischio da evitare, anche alla luce di quanto di buono ha portato all’ agroalimentare italiano Expo 2015.