Fiere italiane tra competitività e minacce

Il settore delle fiere in Italia gode di buona salute, ma ci sono alcuni fattori che ne possono minare la redditività, la competitività se non addirittura l’esistenza stessa. Se n’è parlato nei giorni scorsi a Venezia, durante l’assemblea di inizio anno dei soci di Aefi, l’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane.

Quali sono questi fattori di rischio per il comparto fiere? Secondo quanto emerso dai lavori dell’assemblea, sono principalmente tre: la tassazione immobiliare dei padiglioni fieristici, la possibilità di operare secondo regole europee in tema di trasparenza e l’assetto societario delle fiere.

Nella sua relazione, il presidente di Aefi, Ettore Riello, è partito dall’importante traguardo che l’associazione è riuscita a raggiungere con il “riconoscimento del ruolo delle fiere, arrivato a inizio 2015 dal Ministero dello Sviluppo Economico, che ha inserito a pieno titolo le fiere nel Piano di promozione straordinaria per il Made in Italy”, ricordando però che “tale risultato, verrà completamente vanificato se non accompagnato da un altrettanto sensibile politica fiscale sugli immobili, definendo un livello di tassazione sostenibile”. 

“Quello che chiediamo e auspichiamo – ha proseguito Riello è che la tassazione, per quanto riguarda l’applicazione dell’Imu, sia più equa nei confronti dei padiglioni fieristici, trattati come strutture commerciali, e non calcolando i giorni effettivamente utilizzati per le esposizioni con disposizioni univoche su tutto il territorio nazionale. Da tempo il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate sono al lavoro per cercare di trovare una soluzione e modificare la normativa. I continui rinvii iniziano a mettere le fiere in seria difficoltà”.

Sul fronte delle regole europee Riello ha anche sottolineato l’importanza del sistema fieristico italiano, secondo in Europa, che subisce però la forte concorrenza dei tedeschi e dei francesi. In particolare il sistema tedesco è fortemente finanziato dagli enti territoriali, soprattutto dai Lander e dalle Camere di Commercio per quanto riguarda le strutture espositive, e dai ministeri competenti per le attività delle singole manifestazioni.

Sul tema dell’assetto societario, l’assemblea ha preso atto che, nonostante le continue attività dell’Associazione, ancora non è stata definita e riconosciuta la specificità delle partecipazioni delle Camere di Commercio nelle fiere (art. 10, L. 7 agosto 2015, n. 124) che, per la particolarità e la complessità dell’attività che svolgono, sono “essenziali” e “necessarie per lo svolgimento delle funzioni istituzionali“. “Ritengo che i soci pubblici debbano restare nell’assetto societario delle fiere, affinché le manifestazioni fieristiche continuino ad essere competitive e ad accompagnare le imprese italiane nel loro processo di crescita”, ha aggiunto Riello.

Infine, una stoccata da parte di Riello al decreto attuativo della Riforma Madia sulle partecipate pubbliche, che obbliga gli enti fieristici a operare sul mercato secondo una logica di trasparenza gestionale. “E’ inaccettabile. Le fiere operano nel libero mercato e per continuare a essere competitive devono poter operare secondo la specifica normativa applicata in Europa. In caso contrario, saremmo l’unico sistema fieristico al mondo ad avere un assetto diverso, concedendo così un grande vantaggio ai nostri competitor stranieri”.

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