È inevitabile, dopo la Brexit, fare i conti in tasca alle aziende italiane e capire quanto la decisione della Gran Bretagna di uscire dalla Ue possa incidere sull’export. Questi conti ha provato a farli la Cgia, secondo la quale però è “difficile prevedere cosa potrà accadere” all’indomani della Brexit.
Si parte però da un dato certo: l’export italiano nel Regno Unito, nel 2015 ha toccato un valore complessivo di 22,4 miliardi di euro con automobili, abbigliamento, medicinali, vino, legno arredo, forni e calzature come principali beni esportati. Lo scorso anno, le importazioni hanno toccato quota 10,5 miliardi, con un saldo commerciale, quindi positivo per 11,9 miliardi. Come inciderà su tutto questo la Brexit?
Di sicuro non positivamente. Secondo i calcoli della Cgia, infatti, se si spacchetta per macro aree l’export italiano verso il Regno Unito, si scopre che il Nordest si dovrà guardare le spalle dalla Brexit: con 7,9 miliardi di euro, è infatti la macro area che esporta di più in Uk. Seguono il Nordovest (7,8 miliardi), il Centro (3,6 miliardi) e il Sud (2,7 miliardi).
Guardando invece alla singole regioni, guida la Lombardia (5,3 miliardi di euro), seguita da Veneto e l’Emilia Romagna (ciascuna con 3,4 miliardi di euro), Piemonte (2,3 miliardi) e Toscana (1,8 miliardi). Insieme, queste regioni esportano oltre il 70% del totale italiano.
Inoltre, la Cgia sottolinea come, nel 2015, l’export verso Londra sia stato pari al 5,4% del totale italiano e come le vendite in Uk siano cresciute del 7,4%. L’auspicio è che la Brexit non vanifichi queste performance.
Il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, ricorda che “nei prossimi 2 anni, tra Londra e Bruxelles dovranno essere ratificati 54 accordi commerciali e, salvo sorprese, le transazioni ritorneranno a essere soggette ai dazi doganali e al pagamento dell’Iva. Non è da escludere, inoltre, la possibilità che vengano introdotte alla dogana barriere non tariffarie che potrebbero ostacolare l’attività commerciale”.
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