Il lusso che non conosce crisi (o quasi)

Molte delle eccellenze del made in Italy sono legate alle aziende del lusso di casa nostra. Che sia legato alla moda, ai motori, all’arredamento o ad altri settori, il segmento dei beni di lusso costituisce una grande fetta del nostro export e dà lavoro a migliaia di persone e famiglie. Anche in un momento non facile per l’economia italiana e mondiale.

Secondo il rapporto Global Powers of Luxury Goods redatto dal colosso mondiale della consulenza Deloitte, nonostante la crisi economica l’industria del lusso ha retto meglio degli altri l’impatto della crisi. Dato importante specialmente per l’Italia, che totalizza da sola quasi un terzo del lusso mondiale, che vale 222 miliardi di dollari di fatturato, relativamente alle vendite dei primi 100 gruppi o aziende al mondo.

Di queste 100 aziende, l’Italia ne annovera 29, cifra che la rende il primo Paese al mondo per numero di aziende del lusso. Nonostante questa forza, però, Deloitte sottolinea che le aziende italiane contribuiscono solo al 17% del giro d’affari legato ai beni di lusso generato da questa top 100. Tutto si spiega con il fatto che 24 delle 29 aziende di cui sopra sono piccole, a carattere familiare con, di conseguenza, una dimensione più ridotta in termini di ricavi: 1,3 miliardi di dollari contro i 5,2 miliardi di dollari delle aziende francesi del lusso.

Nonostante la crisi, dunque, il 2015 si è chiuso positivamente, a dispetto dell’andamento dei cambi, del rallentamento dell’Asia e, in generale, di molti mercati emergenti che hanno fatto frenare l’intero comparto.

Una conferma arriva dal monitor Bain/Altagamma, che ha rilevato come il mercato globale dei beni personali di alta gamma lo scorso anno è cresciuto del 13% a tassi correnti e dell’1% a tassi costanti, toccando quota 253 miliardi, confermando la tendenza anche per il primo trimestre 2016. Il che fa ipotizzare che il mercato del lusso nei prossimi anni possa crescere del 2 o del 3% annuo, purché l’Asia torni a tirare come faceva un tempo.

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