Mercato del lavoro e povertà, quali connessioni?

Come è messo il mercato del lavoro in Italia? Quanta flessibilità c’è e quanta rigidità, invece, lo blocca ancora impedendone lo sviluppo e la modernizzazione? Sono solo alcune delle domande alle quali prova a rispondere il Rapporto di Monitoraggio del Mercato del Lavoro 2015 – L’Italia fra Jobs Act ed Europa 2020 pubblicato dall’Isfol.

Si tratta della quinta edizione dello studio Isfol, i cui risultati erano stati in parte anticipati lo scorso dicembre durante il convegno Lavoro e crisi economica. Nel rapporto, il mercato del lavoro italiano viene analizzato specialmente nei suoi addentellati con il Jobs Act e ne vengono messe in luce tanto le dinamiche occupazionali, quanto le evoluzioni delle tipologie di contratti di lavoro e le sfide – più perse che vinte – sul fronte della flessibilità.

Interessante, nel rapporto, l’analisi fatta della connessione tra mercato del lavoro, occupazione e povertà. Secondo i risultati, il 18% delle famiglie con occupati nel 2014 non riusciva ad affrontare una spesa imprevista di 300 euro, numero che cresce del 50% (al 27%) se il dato si estende alle famiglie con e senza occupati. Il dato è stato estrapolato utilizzando i dati Isfol-Plus.

Il rapporto sul mercato del lavoro evidenzia che il 18% di famiglie in difficoltà di fronte a una spesa imprevista di 300 euro vive, nel 46% dei casi, in un nucleo familiare monoreddito e nel 45% dei casi in famiglie con due redditi.

Lo studio evidenzia anche uno stretto rapporto tra mercato del lavoro, difficoltà economiche e diversi aspetti legati al contesto sociale delle famiglie con occupati prese in analisi. Risulta infatti che sono più esposti alle difficoltà (in più del 50% dei casi analizzati) i nuclei familiari con lavoratori con titolo di studio basso, un quadro sanitario non completamente soddisfacente e che vivono in contesti sociali e urbani caratterizzati da una bassa qualità dei servizi.

Un quadro generale che influisce negativamente non solo sul mercato del lavoro, ma anche sulla percezione della qualità che, di esso, hanno le famiglie interessate dal rapporto: in molte di esse, infatti, gli occupati o l’occupato non sono soddisfatti di molti aspetti legati al lavoro e, in generale, della propria vita.

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