Da sempre sensibile alla situazione e ai destini del cosiddetto popolo delle partite Iva, Confcommercio compie un importante passo verso la loro valorizzazione creando Confcommercio Professioni la cui responsabile, Anna Rita Fioroni, ha definito “una rappresentanza unitaria, forte, e anche molto radicata a livello territoriale a tutti quei lavoratori autonomi che oggi non sono organizzati in ordini e collegi”.
Al momento a Confcommercio Professioni aderiscono sette associazioni professionali del mondo delle partite Iva, con professionisti che vanno dalle guide turistiche agli erboristi agli amministratori immobiliari.
La necessità sentita da Confcommercio di dare rappresentanza, voce e tutela a questo tipo di partite Iva nasce anche da una ricerca condotta dall’Ufficio studi interno, dalla quale emerge che sono oltre 1 milione e 200mila i professionisti italiani, il 6% degli occupati totali, e producono ogni anno quasi 50 miliardi di euro di ricchezza, il 5,3% dei redditi da lavoro e impresa.
Belle cifre, alle quali però corrisponde un reddito medio pro capite annuo, per i professionisti non iscritti a ordini, di circa 16mila euro, calato del 22% in 5 anni e tra i più bassi in Europa, con una ricchezza prodotta di 5,6 miliardi di euro, +15,6% nel quinquennio.
I 950mila professionisti delle partite Iva iscritte ad albi o ordini, producono invece una ricchezza di 43,4 miliardi di euro e un reddito medio pro capite di oltre 45mila euro.
Eppure, negli ultimi 5 anni sono stati proprio i professionisti non ordinistici ha ingrossare le fila delle partite Iva, cresciuti del 50% e arrivati a oltre 300mila unità.
Per quanto riguarda gli ambiti d’impresa, le partite Iva non ordinistiche appartengono quasi completamente alle categorie degli amministratori di condominio, dei grafici, dei designer, dei consulenti tributari, degli informatici e hanno un reddito medio pro capite di 18mila euro.
Va un po’ meglio a chi opera nei campi dell’immobiliare o della comunicazione, dove i redditi medi pro capite possono superare i 20mila euro. Si tratta comunque di cifre irrisorie, che pongono il nostro Paese, nel quale le partite Iva sono una realtà solida e diffusa, agli ultimi posti in Europa. Un paradosso pericoloso per la nostra economia.
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