Esiste un Made in Italy in via di estinzione che qualcuno sta cercando di salvaguardare.
Si tratta di semi antichi e piante rare che 40mila agricoltori nelle proprie aziende hanno cercato di proteggere e salvaguardare, come è stato confermato da un’indagine condotta da Coldiretti e Ixè presentata insieme alla Sis, Società italiana sementi.
La sparizione di alcune sementi appartenenti alla nostra tradizione è dovuta all’omologazione delle coltivazioni, senza pensare, invece, che la regionalità e la territorialità vanno rispettate, proprio per evitare che alcuni aspetti della tradizione si estinguano del tutto.
L’allarme era stato lanciato dalla Fao, la quale aveva denunciato la perdita del 75% della biodiversità vegetale, allarme poi raccolto e ripreso da Coldiretti, poiché c’è il rischio tangibile che da qui al 2050 si perda addirittura un terzo delle specie rimaste.
Questo accade anche a causa del fatto che il mercato delle sementi è per il 60% ad oggi nelle mani di tre multinazionali, con la ChemChina che ha acquisito la Syngenta e le fusioni tra Bayer e Monsanto e tra Dupont e Dow Chemical.
La risposta di Sis è stata la prima produzione certificata del grano duro Senatore Cappelli ma anche la riscoperta di semi di riso, come il Lido, che dopo essere quasi scomparso agli inizi degli anni ’90, torna in produzione perché sta conquistando il palato dei giapponesi, e l’erba medica Garisenda, storica varietà ottenuta con un attento lavoro di selezione dei semi delle piante migliori di una varietà romagnola, capace di resistere in terreni siccitosi e in aree marginali e di fornire fieno e farina disidratata per una alimentazione animale priva di Ogm.
L’attività della Sis è tesa a recuperare il legame tra seme e territorio e si svolge dalle Alpi alla Sicilia per una superficie di 14 mila ettari.
Vera MORETTI
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