Libero scambio: vantaggio per l’agroalimentare Made in Italy

L’Italia, oltre ad essere uno dei massimi esportatori di agroalimentare, è anche un grande importatore, in particolare verso i Paesi Ue, che poi vengono esportati verso i mercati extra Ue.

Questo è emerso in occasione della prima edizione di Grow!, piattaforma creata da Agrinsieme, coordinamento delle associazioni agricole che riunisce Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative e Copagri, che ha offerto un importante momento di confronto tra imprese e operatori del settore.

Nel dettaglio, oltre un terzo delle vendite Made in Italy è diretto ai mercati extra Ue: su un totale di 30,9 miliardi di prodotti agroalimentari esportati nel 2016, l’incidenza dei mercati extraeuropei è stata del 36%, determinando una crescita, dal 2000 ad oggi, del 150%.

Ma quali sono i prodotti Made in Italy favoriti? In cima alle preferenze ci sono olio d’oliva e vino, quest’ultimo soprattutto proveniente da zone di prestigio come i rossi Dop della Toscana e i bianchi Dop del Trentino Anto Adige e Friuli Venezia Giulia, per i quali l’incidenza dei mercati extra-Ue supera il 60% dei valori esportati.

Per ora la Ue ha concluso 30 accordi con altri Paesi, 43 sono in vigore provvisoriamente e 20 in fase di negoziazione e ovviamente si auspica di portare a termine entro il 2020 tutti gli accordi di libero scambio ora in discussione, e che entrino pienamente in vigore entro il 2030. Occhi puntati, dunque, verso l’agroalimentare europeo, sul quale si scommette.

Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, ha dichiarato in proposito: “Personalmente sono favorevole alla conclusione di nuovi accorsi di libero scambio basati sulla reciprocità. Per l’Italia l’apertura dei mercati è cruciale, ma è un tema sul quale bisogna impegnarsi per sensibilizzare nel modo corretto l’opinione pubblica. Inoltre dobbiamo assicurarci clausole di salvaguardia che funzionino realmente. Sul settore agroalimentare pesa una responsabilità specifica: il ripiegamento su politiche protezionistiche non è quello di cui abbiamo bisogno, ma l’Europa da sola non basta per spiegare i vantaggi dell’apertura dei mercati, anche le imprese devono impegnarsi. L’Italia deve essere leader di una certa idea di globalizzazione, favorevole a mercati aperti ma con regole forti e massima trasparenza“.

Giorgio Mercuri, coordinatore nazionale di Agrinsieme, ha aggiunto: “Imprese e cooperative agricole possono trarre grandi benefici dall’apertura dei mercati e il ritorno ai protezionismi avrebbe un impatto negativo sul settore, nonchè sui consumatori. Siamo convinti che gli accordi di libero scambio debbano essere basati su principi di equilibrio e reciprocità e avere come principale obiettivo l’eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie che, di fatto, risultano essere l’ostacolo maggiore all’export dei nostri prodotti. Occorre fissare allo stesso tempo principi base a livello europeo e salvaguardare le certificazioni di qualità“.

Vera MORETTI