Tari: ancora tante discrepanze sulle cifre da pagare

I dati della Camera di Commercio di Milano denunciano un fatto che, ormai, avviene regolarmente e che ad oggi non è stato ancora risolto.
I Comuni, infatti, continuano a far pagare la Tari anche nelle aree di interesse delle imprese, dove dovrebbero dunque essere queste ultime ad occuparsi dello smaltimento dei rifiuti. Risultato? Le imprese si ritrovano a pagare un servizio che di fatto il Comune non eroga, per uno spreco di denaro davvero spropositato.

Gli aggravi sarebbero, in media, del 50%, se non di più, e in alcuni settori le spese aggiunte sono davvero elevate: considerando le aree espositive, tipicamente di grandi dimensioni ma con una ridottissima produzione dei rifiuti, la reale area produttiva di rifiuti equivarrebbe al 15% dello spazio complessivo, mentre la tassa viene applicata su tutta la superficie.

Altro esempio eclatante di distorta applicazione della tassa sui rifiuti riguarda gli alberghi, generalmente soggetti a coefficienti fortemente squilibrati rispetto al potenziale produttivo di rifiuti.
In questo ultimo caso, c’è anche una sentenza del Tar della Puglia, che ha affermato la sproporzione tra la tariffa stabilita dal Comune di Brindisi per gli esercizi alberghieri con ristorazione (€ 11,13 a mq) o senza ristorazione (€ 8,90 a mq) e la tariffa stabilita per le abitazioni (€ 2,43 a mq).
L’albergo soggetto della sentenza, di superficie di circa mille mq, pagava una tassa di 8.941 € quando, in applicazione della sentenza, avrebbe dovuto pagarne 4.492 €.

Le discrepanze sono così evidenti anche a causa dell’aumento della tassa dei rifiuti, che negli ultimi sei anni è lievitata del 68%, corrispondente ad un incremento complessivo di 3,7 miliardi di euro. Una tassazione crescente che si è riflessa indifferentemente su tutte le principali categorie economiche del terziario, con problemi più diffusi per alcune attività.
Infatti, negli ultimi sei anni, ristoranti e pizzerie hanno registrato un aumento del 480% mentre ortofrutta e pescherie addirittura del 650%. Una tassazione crescente doppiamente ingiustificata se si considerano i dati riguardo alla produzione totale di rifiuti che, in controtendenza, ha subito un rallentamento.

E le spese non calano nonostante la produzione di rifiuti sia, nel frattempo, diminuita.

Altre problematiche sono emerse dal Rapporto sui rifiuti urbani – Ispra 2017, che rende noto come il costo di gestione dei rifiuti differenziati (15,12 centesimi di euro al kg) sia inferiore di circa un terzo rispetto a quello degli indifferenziati (40,79 centesimi di euro al kg). Un dato che letto congiuntamente al trend crescente di raccolta differenziata, presupporrebbe una contrazione della spesa complessiva, che invece è aumentata.

Inoltre, gli obiettivi relativi alla raccolta differenziata fissati a livello europeo non sono stati raggiunti, a dimostrazione che le aziende di gestione dei rifiuti non si sono, finora, dimostrate all’alatezza.

Vera MORETTI

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