Le aziende familiari, se hanno avuto la forza e la coesione adatte per sopravvivere durante i lunghi e difficili anni della crisi, ora, per continuare ad essere competitive, sono chiamate a fare un passo avanti ed aprire i loro orizzonti anche a manager esterni.
Il motivo principale è quello di ampliare le proprie strategie e conquistare nuove fette di mercato, ma ancora pochi lo stanno attuando, per timore dei costi, ma anche perché si è restii a lasciare potere decisionale a chi arriva da “fuori”.
Se, infatti, molte delle aziende interpellate hanno considerato valida l’idea di accogliere professionisti esterni che potessero illustrare le novità in fatto di tecnologia, all’atto pratico ben poche hanno portato avanti questo discorso, nonostante il vantaggio che potrebbe derivarne.
Tra i timori delle aziende familiari c’è, infatti, la perplessità circa la facilità a reperire risorse professionali adeguate per la gestione dell’azienda (43%), a seguire l’aumento dei livelli di concorrenza (37%) e al terzo la diminuzione della marginalità (36%).
A confermarlo è anche uno studio effettuato dall’European Family Business Barometer, realizzato da Kpmg in collaborazione con l’Associazione European Family Business.
A questo proposito, Silvia Rimoldi, partner di Kpmg e curatrice della ricerca, ha dichiarato: “E’ evidente che le imprese familiari si sentono in concorrenza con i colossi dell’high tech e con le grandi multinazionali nell’attrarre giovani ad alto potenziale”.
Ma, se il punto di forza delle aziende familiari è sempre stato quello dei valori, delle tradizioni e della cultura, oggi occorre far leva anche su innovazione e mondo digitale, sempre più incalzanti e sempre più indispensabili se si vuole continuare ad essere competitivi.
Rimoldi rimarca la necessità di ricorrere anche a risorse esterne, in grado di portare idee e prospettive nuove, senza per questo appesantire eccessivamente i costi aziendali, soprattutto se si tratta di aziende medio-grandi.
Com’è la situazione a livello europeo? Le imprese familiari europee chiedono ai governi nazionali di spingere sull’acceleratore dell’integrazione a livello europeo e sulla creazione di un mercato unico: lo chiede il 56% delle aziende dell’Unione europea, mentre la quota sale all’80% per le aziende italiane.
Vera MORETTI
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