I fondi pensione preesistenti sono stati fondati in Italia il 15 novembre 1992, come forma di previdenza complementare. Per lo più, sono istituiti in grandi aziende o in gruppi societari (multinazionali, assicurazioni o banche) o per determinate categorie di lavoratori. L’adesione avviene in base al regolamento aziendale o agli accordi collettivi.
Se è previsto dal fondo, è possibile iscrivere anche i familiari a carico. L’iscrizione può essere fatta presso l’azienda in cui si lavora e la sede del fondo pensione oppure per via telematica in alcuni casi. Il fondo pensione preesistente è reversibile a favore del coniuge o di altri beneficiari indicati, ma può servire anche per affrontare delle difficoltà lavorative o personali.
Il fondo pensione preesistente prevede che ogni iscritto abbia un conto pensionistico individuale, su cui affluisce la contribuzione versata. I relativi importi vengono investiti dal fondo al fine di conseguire buoni rendimenti che possano far aumentare il capitale nel tempo. Le prestazioni che saranno conseguite dipenderanno dall’ammontare totale dei contributi versati, dalla durata del periodo di contribuzione, dai costi sostenuti e dai rendimenti ottenuti con l’investimento.
E’ possibile versare il proprio contribuito al fondo pensione preesistente, tramite la quota annua del TFR, come previsto dagli accordi, il contributo individuale anche in misura maggiore a quanto previsto dagli accordi e il contributo aggiuntivo dell’azienda. In assenza del versamento del proprio contributo, non si ha diritto a ricevere il contributo aziendale. Si può scegliere di investire i propri risparmi tra investimenti garantiti, obbligazionari, azionari e bilanciati offerti dal fondo. La scelta che può essere modificata nell’importo e nel tipo di investimento durante la fase di adesione dipende dall’entità del rischio che si è disposti ad assumere e agli anni che mancano per raggiungere la pensione.
I costi di adesione al fondo pensione preesistente hanno un’elevata incidenza sulle prestazioni chieste. E’ importante informarsi preventivamente, consultando il sito COVIP si possono trovare indicazioni utili. Quando il lavoratore che ha dato la sua adesione al fondo giunge al momento del pensionamento, avendo accumulato cinque anni di partecipazione al fondo, può ricevere tutto il capitale accumulato in rendita che costituirà la pensione complementare; fino a un massimo del 50% del montante accumulato in capitale e il restante in rendita; tutta la propria posizione in capitale, ma solo se il 70% del montante accumulato dà una rendita annua inferiore al 50% dell’assegno sociale.
ANTICIPI
RISCATTI
Invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo o inoccupazione superiore ai 48 mesi, dimissioni o licenziamento, decesso dell’aderente, in qualsiasi momento si verifichi la suddetta situazione, tutto il capitale, con tassazione del 23% per dimissioni e licenziamento, tra il 9% e il 15% negli altri casi, a seconda degli anni di partecipazione al fondo.
Per inoccupazione tra 12 e 48 mesi, in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a mobilità, cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria, in qualsiasi momento si materializzi la situazione, fino al 50% del capitale, con una tassazione tra il 9 e il 15% a seconda degli anni di partecipazione al fondo pensione.
In alternativa al riscatto, se non mancano più di 5 anni alla pensione di vecchiaia, si può chiedere al fondo pensione il pagamento di una rendita integrativa temporanea anticipata (RITA). Per beneficiarne deve essere cessata l’attività lavorativa, avere almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare e 20 anni di contribuzione alla previdenza obbligatoria. Si può anche richiederla fino a 10 anni prima dell’età pensionabile, se si è inoccupati da oltre 24 mesi. In ambo i casi, la rendita verrà corrisposta fino al conseguimento dell’età per la pensione di vecchiaia prevista nel sistema pensionistico obbligatorio.
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