Che cos’è una falsa partita Iva? Conseguenze ed eccezioni

Non di rado, si sente parlare di false partite IVA. Ma qual è il motivo che spinge a questa pratica? Spesso, vengono utilizzate dai datori di lavoro al fine di evitare l’assunzione dei lavoratori che prevedono contratti vincolanti e con maggiori costi.

In Italia, il costo dei dipendenti può essere davvero oneroso per le aziende, ma questo non può giustificare la ricerca di soluzioni illegali. Sono i giovani a trovarsi di sovente davanti a proposte di collaborazione occasionale o a richieste di apertura di partita IVA. Avere la possibilità di accedere a un contratto che costringe il datore di lavoro al pagamento delle tasse e al versamento dei contributi è sempre più difficile.

Per tale motivo, alcuni provvedimenti di legge sono stati approvati per combattere il fenomeno delle false partite IVA. Per fare chiarezza su ciò che è legale o meno in materia di contratti di lavoro, è bene sottolineare quali sono le differenze tra lavoro autonomo e lavoro subordinato.

Il lavoro autonomo

Il lavoro autonomo si può identificare in due tipologie. La prima è rappresentata dal lavoro con partita IVA, in cui l’attività è svolta con professionalità, quindi con sistematicità, ma per più clienti/committenti. Il lavoratore è libero di organizzarsi nei tempi e luoghi che ritiene più opportuni. La seconda è costituita dal lavoro autonomo occasionale, definito tale, in quanto è compiuto con sporadicità. In questo caso non ricorre l’obbligo di lavorare con partita IVA, ma basta emettere una ritenuta di acconto.

Tuttavia, c’è fare una distinzione tra lavoro autonomo occasionale e lavoro accessorio. Nel primo caso la prestazione offerta è di natura intellettuale, nel secondo caso esiste un vincolo di subordinazione e si ricorre ai buoni del lavoro o al Libretto Famiglia.

Il lavoro subordinato

Il lavoratore subordinato svolge la sua prestazione di tipo manuale o intellettuale e viene per questo retribuito dall’impresa. Deve sottostare alle direttive del datore di lavoro, quindi, è privo di autonomia decisionale e operativa. E’ tenuto a giustificare eventuali assenze o chiedere permessi o malattia ed a rispettare orari e luoghi stabiliti nel contratto.

Le false partite IVA

Lavorare con partita IVA vuol dire svolgere professionalmente la propria attività con soluzione di continuità e in modo autonomo. Ma presuppone che non si lavori solo per un’azienda o per un committente. Diversamente, potremmo avere a che fare con una falsa partita IVA, ovvero di lavoratori autonomi che in realtà svolgono un lavoro subordinato. All’uso di questa pratica i soggetti sono spinti spesso dal cliente che, in questo modo, può permettersi di avere più forza lavoro e meno tasse e contributi da pagare, visto l’assenza di un contratto.

I dipendenti mascherati da autonomi accettano questa soluzione per evitare di perdere il lavoro, tuttavia, ciò comporta degli svantaggi. Mancano le tutele di tipo assistenziale e contributivo, l’unica cosa che possono fare è la rivalsa IVA pari al 4%, un beneficio di poco conto.

Raramente scatta una denuncia da parte del lavoratore, sempre per il timore di perdere il lavoro. Per combattere l’abuso di partita IVA, nel 2012 è entrata in vigore una norma che cerca di evitare il lavoro mono-committente effettuato sotto forma di lavoro autonomo che risulta poco attendibile. Essa si basa sulla presunzione di falsità.

La presunzione di falsità: i requisiti

La presunzione si materializza in presenza di tre condizioni:

  • La durata della collaborazione è di almeno otto mesi in un anno, 241 giorni in due anni, anche se non continuativi;
  • I ricavi derivanti dalla collaborazione con un solo cliente raggiungono almeno l’80% di quelli percepiti in due anni continuativi;
  • La presenza di una postazione fissa lavorativa all’interno degli spazi di lavoro del committente.

In realtà, è sufficiente la presenza di almeno due delle suddette condizioni, affinché il datore di lavoro venga obbligato ad assumere il dipendente attraverso un contratto di collaborazione coordinata continuativa (co.co.co) basata su uno specifico progetto. Invece, il lavoratore non subirà alcuna conseguenza negativa, in quanto costituisce la parte danneggiata.

Nel caso in cui l’attività svolta dal lavoratore è simile a quella effettuata da altri dipendenti, il datore di lavoro dovrà fargli un contratto a tempo indeterminato con decorrenza retroattiva.

Il datore di lavoro può essere sanzionato per illecito amministrativo, fiscale e contributivo. Tuttavia, nel caso assuma il collaboratore parte lesa con un contratto a tempo indeterminato senza cessare il lavoro prima dei 12 mesi (eccezion fatta per il licenziamento dovuto a giusta causa) potrà considerare estinti gli illeciti compiuti.

I soggetti esclusi dalla presunzione di falsità

Le condizioni fissate dalla normativa per far emergere le false partita IVA, non sono applicabili nel caso si verifichino entrambi i seguenti casi:

  • se vengono riconosciute capacità teoriche e pratiche elevate. Ovvero il soggetto è in possesso di una laurea, di un dottorato di ricerca o di un master, di qualifiche ottenute alla fine di un apprendistato; qualifica o specializzazione attribuita dal datore di lavoro;
  • se il titolare di partita IVA ha un fatturato annuo di almeno 1,25 volte il minimo imponibile previsto per i contributi che devono versare gli artigiani e chi esercita attività commerciali.
Carmine Orlando

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Carmine Orlando
Tags: partita iva

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