I lavoratori autonomi occasionali sono la soluzione giusta quando c’è bisogno di un lavoratore per poche ore o in modo saltuario , ma chi sono e come viene trattata questa attività?
In Italia le tipologie contrattuali presenti nel mondo del lavoro sono davvero numerose e tra queste spesso vi sono lievi differenze che possono portare anche a un errato inquadramento giuridico. Tra i contratti più discussi, e che spesso viene confuso con tipologie contrattuali simili, vi è il contratto di lavoro autonomo occasionale.
La definizione di questo contratto viene fornita dalla Legge n. 30/2003 che parla di “qualsiasi attività di lavoro caratterizzata dall’assenza di abitualità, professionalità, continuità e coordinazione”. La prima cosa da sottolineare è che è essenziale ai fini di un corretto inquadramento riflettere proprio sul nome, il fatto che trattasi di lavoro autonomo implica che non vi è alcun tipo di subordinazione rispetto a quello che è il committente (sarebbe del tutto errato denominarlo datore di lavoro), la seconda caratteristica che deve emergere è che trattandosi di lavoro autonomo occasionale non vi è alcun inserimento del prestatore all’interno dell’organizzazione funzionale dell’azienda. Infine, non vi è alcun potere di coordinamento delle prestazioni da parte del committente (questo profilo aiuta a distinguere il contratto di lavoro autonomo occasionale dal contratto Co.Co. Co).
Particolare attenzione deve essere posta anche all’aggettivo occasionale, infatti ne denota una caratteristica intrinseca non trascurabile, cioè deve trattarsi di una prestazione che normalmente non viene svolta da quel soggetto, ma come fare per determinare se l’attività è occasionale o meno? Si ritiene che se viene svolta in modo continuativo, oppure vi sono dei dipendenti, vi è un sito internet in cui viene pubblicizzata quell’attività o uno studio dedicato a essa, non possa parlarsi di lavoro autonomo occasionale. Chi effettua prestazioni di lavoro autonomo occasionale può anche avere altri lavori, ad esempio può essere il dipendente di una fabbrica.
Chi ha un contratto di lavoro autonomo occasionale non ha obbligo di partita IVA, questo però non vuol dire che non debba dichiarare tali compensi, naturalmente non potrà emettere fattura, ma dovrà emettere una ricevuta. Il committente versa quanto dovuto ed effettua anche la ritenuta d’acconto, inoltre deve emettere la certificazione Unica CU dove indica i compensi versati e le trattenute effettuate.
Naturalmente tutti si chiedono cosa deve essere inserito nella ricevuta. Ecco i dati
Trattandosi di una prestazione eseguita da un soggetto che non ha l’obbligo di partita IVA nella ricevuta è necessario inserire anche tale dicitura: “Prestazione fuori campo IVA ai sensi dell’art. 5 del DPR 633/72”
Nell’indicare il contenuto della ricevuta ci sono delle voci che ancora non sono state trattate, si è parlato della ritenuta d’acconto sottolineando che la stessa non sempre è dovuta, occorre ora specificare cosa vuol dire. Non tutti i soggetti sono sostituti d’imposta, ad esempio un privato non è sostituto d’imposta, cioè non può versare all’agenzia delle entrate imposte che sono dovute da un altro soggetto trattenendo la somma dal compenso. Si faccia il caso di Tizio a cui Caio commissione per una volta di tagliare l’erba del prato, è evidente che in questo caso siamo di fronte a un lavoro autonomo occasionale in cui il committente non è sostituto d’imposta, in tal caso non vi è la ritenuta d’acconto, tutto il compenso viene versato al lavoratore.
Un altro caso è quello in cui il committente abbia la sede sociale all’estero. Questo però non implica che il lavoratore non debba dichiarare tali compensi e non debba pagare le tasse, le pagherà successivamente, cioè nel momento in cui andrà a fare la dichiarazione dei redditi e li verserà nella misura prevista dalle normative in vigore.
Nell’elenco delle cose da inserire nella ricevuta si parla anche di contribuzione INPS, anche in questo caso è necessario fare una precisazione. Se i compensi derivanti da lavoro autonomo occasionale nell’arco dell’anno non superano i 5.000 euro non sono assoggettati a contribuzione INPS. In caso contrario il lavoratore deve iscriversi alla Gestione Separata INPS e devono essere versati i contributi previdenziali e assistenziali. A questo punto occorre un’altra precisazione: quando si supera il limite dei 5.000 euro è necessario comunicare ciò ai committenti, o al committente, costui dovrà versare lui in qualità di sostituto d’imposta quanto dovuto all’INPS in misura di 1/3 trattenuto dal compenso pattuito e 2/3 dovrà invece versarli di “tasca sua”.
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