Partita Iva o ritenuta d’acconto: quando scegliere una e quando l’altra

Oggi andiamo ad addentrarci nel mondo più recondito dei contribuenti, quello dei compensi e delle relative decurtazioni, di partita IVA e ritenuta d’acconto. Oggi scopriremo quali differenze intercorrono tra l’una e l’altra e quando utilizzarle nel mondo dei professionisti.

Differenze tra Partita IVA e ritenuta d’acconto

Partiamo, innanzitutto con definire le differenze tra partita IVA e ritenuta d’acconto. Va presto detto che un professionista o un freelance che utilizza la prestazione occasionale vedrà i propri compensi decurtati del 20% dalla ritenuta d’acconto. Coloro che invece scelgono di utilizzare la partita Iva in Regime Forfettario non avranno alcuna decurtazione. In questo secondo caso, otterrà infatti il 100% dei propri compensi senza alcuna trattenuta (Anche se poi il professionista sarà a chiamato a pagare le tasse con la dichiarazione dei redditi e a versare i contributi, onere che il free lance con ritenuta d’acconto non è obbligato a fare=

Questa, dunque è la sostanziale e non banale differenza tra chi presta lavoro occasionale con ritenuta d’acconto e chi applica il regime forfettario in partita IVA.

Un possessore di partita IVA può fare prestazione occasionale?

La risposta a questa domanda è indubbiamente sì, tuttavia va da considerarsi se l’attività occasionale del soggetto esula o meno dall’attività svolta abitualmente in modo professionale con partita IVA.

Attraverso questa variabile di fatto sarà necessario operare la scelta corretta tra le due seguenti opzioni:

  • Emettere una ricevuta legata alla prestazione occasionale effettuata
  • Fatturare la prestazione con la partita IVA.

Va da se, comunque che un professionista (sia esso avvocato, medico o ingegnere) è tenuto a fatturare tutti i compensi che derivano dallo svolgimento della sua attività, inevitabilmente.

Ulteriori differenze tra chi sceglie partita IVA o ritenuta d’acconto

Potremmo dire che tra le due opzioni disponibili, ovvero tra la partita IVA e l’emissione di ritenuta d’acconto, sia più vantaggiosa la prima opzione. Vediamo il perché.

In tal caso, aprire la partita Iva porterà a scegliere il Regime Fiscale Forfettario. Il Regime Forfettario è infatti ideale per tutti quei contribuenti che hanno dei compensi annui che non superino i 65mila euro in base alla propria attività svolta.

Uno dei principali vantaggi vede il professionista o freelance che sceglierà di utilizzare la partita Iva nel Regime Forfettario non avrà invece alcuna decurtazione, come detto già in precedenza. Esso riceverà infatti il 100% dei propri compensi senza alcuna trattenuta. Resta tuttavia il bollo sulle fatture, se di importo superiore ad euro 77,47. Ovvero, la canonica marca da bollo da 2 euro da applicare su fattura.

Inoltre, con il Regime Forfettario in partita IVA, avremo un regime fiscale con la percentuale di tassazione più bassa in Italia. Infatti, la tassazione IRPEF, detta Imposta Sostitutiva, sarà infatti pari al 5% per i primi 5 anni, per passare al 15% successivamente. I professionisti che invece utilizzeranno la prestazione occasionale saranno tassati secondo gli scaglioni IRPEF. La percentuale di tassazione nel primo scaglione IRPEF (compreso dagli 0 ai 18.000 euro di reddito) in questo caso sarà pari al 23%. Sembra ovvio da quale parte propenda il vantaggio anche se con la partita IVA si è tenuti al versamento dei contributi alla cassa professionale o alla Gestione Separata INPS, ma questi, ovviamente daranno un ritorno in termini di pensione.

Ma quali sono gli obblighi da rispettare per il regime forfettario?

Per aprire in regime forfettario una partita IVA, bisogna rispettare alcuni obblighi. Ovvero, i seguenti:

  • un limite di ricavi compreso fino a 65mila Euro a seconda della attività economica esercitata
  • spese per collaboratori o lavoratori dipendenti non superiori a 5.000 euro all’anno
  • limite sui redditi da lavoro dipendente inferiori a 30.000 euro nel precedente anno
  • acquisto di beni strumentali inferiore a 20.000 euro nel precedente anno

Ci sono costi iniziali per aprire una partita IVA?

Una domanda assai frequente e un bel po’ importante che si pone il contribuente è quella relativa ad eventuali costi iniziali, per aprire una partita IVA.

Ebbene, l’apertura di una partita IVA, non prevede il sostenimento di costi iniziali. Di fatto in completa autonomia si può individuare il proprio codice Ateco, scaricare il modello, compilarlo e presentarlo all’agenzia delle entrate di competenza senza sostenere alcun costo. In alternativa, ci si può affidare ad un commercialista iscritto all’albo che predisporrà per voi il modulo secondo le relative indicazioni e provvederà all’invio telematico. In questo secondo caso, il costo di apertura della partita Iva dipenderà molto dal commercialista scelto dal professionista. Potreste, infatti, trovare il commercialista che opta per un forfait per l’apertura e la gestione annuale e chi vi farà pagare le due cose separatamente.

 

Davide Scorsese

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Davide Scorsese

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