La morte di una persona cara, oltre a rappresentare un momento critico e doloroso, impone anche di affrontare questioni pratiche, fiscali e legali. In merito alla pensione, se il defunto era titolare in vita di una prestazione previdenziale Inps, la legge prevede che la pensione non venga più erogata automaticamente. Ciò avviene non appena gli eredi o chi è delegato alla riscossione, comunicano l’avvenuto decesso all’Istituto previdenziale. In generale, questa comunicazione deve avvenire entro le 48 ore successive al decesso.
Proprio sulla morte del pensionato, è previsto l’invio telematico della comunicazione del decesso, come stabilisce l’articolo 1, comma 303 e seguenti, della legge numero 190 del 2014, ovvero la legge di Stabilità 2015. Le novità ricorrono a partire dal 1° gennaio 2015 e riguardano proprio il modo di comunicare all’Inps l’avvenuta morte del titolare della pensione. Le novità introdotte dalla norma hanno ripercussioni sulle modalità di pagamento dell’Istituto previdenziale delle prestazioni. Infatti, come spiega la legge di Stabilità 2015, “il medico necroscopo trasmette all’Inps, entro 48 ore dall’evento, il certificato di accertamento del decesso”.
La comunicazione avviene in via telematica seguendo le normali procedure online già utilizzate per gli altri servizi Inps. In particolare, i soggetti che sono autorizzati, possono utilizzare il pin on line del defunto oppure rivolgersi a un patronato autorizzato per adempiere a tutte le pratiche burocratiche necessarie. Gli eredi potranno anche predisporre un’autocertificazione di decesso per non dover attendere che il comune di residenza del defunto rilasci il certificato di morte. La mancata comunicazione del decesso del titolare di pensione e il continuare a riscuotere la prestazione previdenziale rappresenta un reato punibile per legge. A tal proposito, la comunicazione all’Inps segue quanto previsto dall’articolo 46 del decreto legge numero 269 del 30 settembre 2003, poi convertito nella legge numero 326 del 24 novembre 2003.
Secondo quanto prevede il comma 304 della legge 190 del 2014, le prestazioni in denaro versate dall’Inps nel periodo successivo alla morte dell’avente diritto su un conto corrente bancario o postale, sono pagate con riserva. Ciò significa che la banca o la società Poste Italiane Spa che abbiano ricevuto le somme erogate, sono tenute alla restituzione all’Istituto previdenziale nel caso in cui tali somme venissero accreditate senza che il beneficiario ne avesse diritto.
Più nel dettaglio, se accade di ricevere la pensione dopo la morte dell’avente diritto perché l’Inps aveva provveduto a emetterla prima del decesso, la pensione va restituita. Dunque, generalmente la somma va restituita se il decesso avviene prima dell’accredito. Se, invece, il decesso avviene a metà di una mensilità, l’Istituto previdenziale deve erogare la prestazione pensionistica solo parzialmente, ovvero per la parte del mese in cui l’avente diritto era ancora in vita. In generale, se la morte del pensionato avviene in data posteriore all’accredito, la prestazione pensionistica non dovrà essere restituita e, contestualmente, l’Inps non procederà allo storno.
Se dovessero esserci accrediti non dovuti di pensione su conto corretto o sul libretto postale dopo la morte del titolare della prestazione pensionistica, gli eredi devono darne comunicazione alla posta o alla banca titolare del conto. Saranno gli stessi eredi a restituirla all’Inps. A tal proposito, specifica il comma 304, l’obbligo di restituzione sussiste nei limiti della disponibilità esistente sul conto corrente. Inoltre, la banca o la posta non può utilizzare gli importi accreditati e non dovuti per l’estinzione dei propri crediti.
Sempre secondo quanto prevede la legge di Stabilità 2015 al comma 304, nei casi in cui nei periodi precedenti i soggetti abbiano ricevuto direttamente le prestazioni in contanti per delega sono obbligati a reintegrare le somme a favore dell’Inps. Lo stesso obbligo sussiste quando gli stessi soggetti abbiano avuto disponibilità sul conto corrente postale o bancario, o ancora abbiano svolto o autorizzato operazioni di pagamento con addebito sul conto corrente del disponente. L’istituto bancario o postale che rifiutino la richiesta di reintegro per impossibilità sopravvenuta o per qualunque altro motivo sono tenuti a darne comunicazione all’Inps. Nella comunicazione devono essere rese note le generalità del destinatario o del disponente e l’eventuale nuovo titolare del conto corrente.
Diverse è il caso delle indennità di accompagnamento post morte. Può accadere, infatti, che un familiare muoia prima di aver potuto incassare una pensione o una prestazione di assistenza, quale può essere l’accompagnamento. In questo caso, gli eredi hanno diritto a fare richiesta degli arretrati non riscossi, anche se non sono beneficiari di reversibilità. La legge sancisce, infatti, che gli arretrati spettanti al defunto, senza tener conto del tipo di prestazione, debbano essere liquidati dall’Istituto previdenziale agli eredi. La liquidazione avviene in proporzione alla quota di eredita spettante da ciascuno.
In merito, la legge prevede che siano tutti gli eredi a percepire le indennità di accompagnamento eventualmente non riscosse dall’avente diritto e non solo da chi si sia fatto carico dell’assistenza dell’invalido. Gli eredi dell’invalido hanno diritto, pertanto, alle quote della pensione di invalidità e delle indennità di accompagnamento maturate dalla presentazione della domanda fino al giorno della morte dell’invalido. Sempre che la morte sia sopraggiunta in epoca anteriore all’accertamento dell’inabilità effettuata dalla commissione provinciale di competenza.
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