Quando un lavoratore recede da un contratto a tempo indeterminato in modo unilaterale, ponendo fine al rapporto di lavoro, siamo di fronte ad un atto di dimissioni. A dire il vero, soprattutto in tempi di crisi economica, quando il lavoro latita e le assunzioni a tempo indeterminato sono sempre minori è davvero raro che un dipendente rassegni le dimissioni.
Tuttavia, in linea generale, è possibile che un lavoratore decida di licenziarsi in una situazione di estremo stress, nel caso non riesca più a sottostare alle direttive di un datore di lavoro o comunque di un suo superiore. Oppure perché ha ricevuto una proposta di lavoro più allettante dal punto di vista economico o che gli consente di soddisfare, magari nel tempo, le sue ambizioni. O ancora, per il mancato pagamento da parte del suo datore di lavoro della retribuzione spettante.
A questo punto, la domanda è d’obbligo: come dare le dimissioni quando si è stati assunti con un contratto a tempo indeterminato? Scopriamo qual è l’iter da seguire e se il dipendente ha diritto a qualcosa.
La legge contempla la possibilità del dipendente di recedere da un contratto di lavoro a tempo indeterminato in qualsiasi momento e senza la necessità di fornire alcuna motivazione. Tuttavia, ricorre l’obbligo di dare un preavviso. Diversamente, lo stesso potere non è concesso al datore di lavoro che, per porre fine a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, deve motivare il licenziamento di un suo dipendente.
A tal proposito, per approfondire l’argomento potrebbe interessarti leggere: Per quali motivi si può essere licenziati, i casi nel dettaglio
Per dare le dimissioni, il lavoratore dipendente deve inoltrare comunicazione al suo datore di lavoro, nella forma prevista dal CCNL. Nella maggior parte dei casi, ciò avviene per iscritto o con una e-mail. Tuttavia, affinché siano valide, le dimissioni vanno formalizzate in via telematica con appositi moduli resi disponibili dal ministero del Lavoro e trasmessi al datore di lavoro e all’Ufficio territoriale del lavoro competente.
Chi si occupa di questa procedura sono i patronati, i sindacati, i consulenti del lavoro, l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, gli enti bilaterali e le commissioni di certificazione.
Qualora il dipendente voglia agire in modo autonomo, ecco quali sono gli step da seguire:
Il modulo viene inviato in automatico all’indirizzo di posta elettronica o meglio alla PEC (se presente) del datore di lavoro e all’Ispettorato territoriale del lavoro (o alle Province Autonome di Trento e Bolzano e alla Regione Siciliana).
Non è necessario utilizzare la modalità telematica se le dimissioni vengono presentate al sindacato, alla direzione territoriale del lavoro o presso le commissioni di certificazione. Durante il periodo di prova, nel lavoro domestico o marittimo, da genitori lavoratori.
Per dare le dimissioni è indispensabile fornire il preavviso rispettandone i termini, durante il quale deve continuare a lavorare regolarmente, maturando anche il relativo stipendio.
Tuttavia, esistono dei casi in cui il preavviso non è necessario. Ovvero per dimissioni per giusta causa, motivazione che si concretizza a seguito di una grave inadempienza del datore di lavoro. Quest’ultima, si verifica per omesso pagamento dello stipendio, mobbing, mancato rispetto delle regole anti infortunistiche e sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, molestie, etc.
Inoltre, il preavviso non è necessario per dimissioni del padre lavoratore o della madre lavoratrice, o perché presentate durante o alla fine del periodo di prova.
La durata del preavviso è stabilita dal contratto collettivo nazionale del lavoro di categoria, ma il contratto individuale può fissare per le dimissioni un termine di preavviso più lungo rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo.
Il dipendente può decidere di rinunciare al preavviso per dare alle dimissioni effetto immediato, ma in questo caso, è tenuto al pagamento di una somma di denaro come forma di risarcimento a favore del datore di lavoro. Ci riferiamo alla cosiddetta indennità sostitutiva del preavviso, il cui importo è stabilito dal Contratto collettivo nazionale del lavoro Pertanto, più che di pagamento si parla di decurtazione dall’ultima retribuzione o dal TFR.
Anche il datore di lavoro può rinunciare al preavviso, chiedendo al dipendente con effetto immediato di interrompere l’attività lavorativa. Tuttavia, come accade per il lavoratore dimissionario, in tal caso è l’azienda a dover risarcire il dipendente con l’indennità sostitutiva del preavviso.
Una volta rassegnate le dimissioni, il lavoratore assunto a tempo indeterminato ha diritto all’incasso dell’ultima retribuzione ed eventualmente di tutti gli arretrati e deve ricevere la liquidazione, ossia il Trattamento di Fine Rapporto.
A tal proposito, va precisato che il datore di lavoro è tenuto ad erogare immediatamente il TFR, anche se questo non succede quasi mai. Il pagamento in tempi non veloci è illegittimo, tuttavia, se il dipendente dimissionario procedesse per via giudiziale, perderebbe ancora più tempo per recuperare la somma.
In caso di dimissioni rassegnate per giusta causa, il lavoratore in questione può chiedere anche il risarcimento del danno.
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