Concordato preventivo: l’accordo che evita di dichiarare fallimento

Il concordato preventivo è un accordo proposto dall’imprenditore in stato di insolvenza, ma non ancora fallito. Ecco come funziona.

Cos’è e come funziona l’accordo

Il concordato preventivo è un accordo concluso, sotto il controllo e con l’approvazione del tribunale, tra l’imprenditore insolvente e i creditori, volto a soddisfare integralmente i creditori privilegiati e in misura percentuale per i creditori. Il concordato preventivo non va confuso con il concordato fallimentare. Infatti il concordato preventivo viene proposto dall’imprenditore già in stato di insolvenza, ma non ancora fallito. Mentre nel secondo caso viene proposto dall’imprenditore per chiudere il fallimento. Infine per procedere al concordato preventivo l’imprenditore deve possedere determinati requisiti soggettivi e proposta di concordato deve rispondere a determinate condizioni.

Concordato preventivo: alcuni requisiti soggettivi

L’imprenditore commerciale può proporre ai creditori un concordato preventivo, soltanto se esistono determinati requisiti. E così l’imprenditore commerciale:

  • deve essere iscritto da almeno un biennio nel registro delle imprese o almeno dell’inizio dell’impresa se questa ha avuto una minore durata;
  • deve avere tenuto una regolare contabilità per lo stesso periodo;
  • non deve essere dichiarato fallito e neanche ammesso a procedure similari;
  • non deve essere stato condannato per bancarotta o per delitti contro il patrimonio.

La proposta che accompagna il concordato preventivo

La proposta di concordato può essere ammessa se risponde a una delle seguenti condizioni. Il debitore deve offrire di pagare integralmente i crediti privilegiati. Almeno il 40% dei crediti chirografari entro 6 mesi dalla data di omologazione del concordato, fornendo seri garanzie reali o personali. Inoltre può anche essere proposta una dilazione di pagamento. In alternativa il debitore può offrire ai creditori per il pagamento dei suoi debiti la cessione di tutti i suoi beni.

Questo è possibile purché la valutazione dei beni, faccia ritenere che i creditori privilegiati possano essere soddisfatti almeno nella misura del 40%. Infine con la prima proposta di concordato l’imprenditore può evitare la liquidazione dell’impresa, mentre non la può evitare con il concordato per cessione di beni.

Tutta la procedura da seguire

La procedura ha inizio con la domanda di ammissione al concordato preventivo che l’imprenditore insolvente deve presentare al tribunale. Il tribunale deve essere lo stesso di dove ha sede l’attività. La domanda ha una struttura rigida. Deve infatti contenere le cause che hanno portare all’insolvenza. Ad esse vanno anche allegate le scritture contabili, l’elenco dei creditori e una descrizione con la stima delle attività. Il tribunale deve dare un “giudizio” sulla procedura.

Se il tribunale ritiene la domanda inammissibile, dichiara d’ufficio il fallimento dell’imprenditore. Se invece il tribunale la riconosce ammissibile, dichiara con decreto aperta la procedura di concordato preventivo e nomina il giudice delegato ed il commissario giudiziale. Inoltre ordina la convocazione dei creditori non oltre 30 giorni dal provvedimento. Ed infine ordina all’imprenditore di versare, in cancelleria, le quote per la copertura delle spese della procedura.

L’approvazione della procedura di concordato

Dichiarata aperta la procedura, il commissario procede alla verifica dell’elenco dei creditori presentato dall’imprenditore e comunica la data di convocazione dell’adunanza dei creditori e le proposte del debitore. Inoltre è suo obbligo procedere alla redazione dell’inventario del patrimonio del debitore e una relazione sulla causa dell’insolvenza. Dopo di che si passa all’adunanza dei creditori per esaminare ed approvare la proposta di concordato. L’approvazione della proposta deve essere data dai creditori con voto esplicito.

Se la proposta è respinta dai creditori il tribunale dichiara il fallimento del debitore. Se invece la proposta è accettata si apre il giudizio di omologazione. Il tribunale emette una sentenza di omologazione, se accertata la sussistenza delle condizioni di ammissibilità, la regolarità della procedura e che il concordato sia economicamente conveniente per i creditori. Se non sussistono queste condizioni, il tribunale può dichiare invece il fallimento del debitore.

Le novità introdotte nel 2012

Nel 2012 c’è stata una riforma del concordato preventivo. Questa ha introdotto alcune novità in merito. Tra queste:

  • a possibilità di presentare il piano anche dopo la presentazione della domanda (cd. concordato in bianco o preconcordato o concordato con riserva), riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione prescritta entro un termine fissato dal giudice (al massimo 120 giorni, prorogabili di ulteriori sessanta). Fino al decreto di apertura del concordato preventivo il debitore, previa autorizzazione del tribunale, può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili dall’attivo. Si è inteso così consentire al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi sino a generare un vero e proprio stato di insolvenza e promuovere la prosecuzione dell’attività produttiva dell’imprenditore in concordato;
  • la possibilità di accedere allo strumento dell’accordo di ristrutturazione dei debiti anche dopo aver presentato la domanda di ammissione al concordato preventivo;
  • la possibilità, per il debitore che sia in procinto di presentare un piano di concordato preventivo o una proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, di ottenere “finanza ponte” prededucibile all’esito di apposito vaglio di congruità e funzionalità effettuato dal professionista nella propria relazione;
  • l’introduzione di un’apposita disciplina del concordato con continuità aziendale ovvero il concordato che prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione; il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa;
  • il blocco delle azioni esecutive e cautelari dalla data di pubblicazione della domanda;
  • l’obbligo di attestazione della veridicità dei dati aziendali per il professionista che redige il piano di risanamento.
Francesca Cavaleri

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