L’ordinamento italiano prevede molte forme di contratto di lavoro. L’evoluzione del mondo lavorativo ha portato maggiore flessibilità, motivo per cui i contratti a tempo indeterminato o determinato non sono così diffusi come negli anni precedenti. Se ciò sia un bene o un male è spesso una valutazione soggettiva che varia a seconda delle esigenze di un datore di lavoro o del lavoratore.
Ogni rapporto di lavoro prevede un’attività diversa che può essere continuativa o sporadica, con più o meno tutele per il lavoratore, con obblighi ben precisi da ambo le parti, con o senza vincolo di subordinazione, sottoposta a differenti regimi fiscali e contributivi.
Principalmente, i contratti di lavoro si suddividono in due categorie: subordinato (a tempo indeterminato, determinato, part-time, apprendistato, intermittente o a chiamata; parasubordinato (co.co.co.). Ma vi parleremo anche di altri contratti particolari: di stage o tirocinio; di prestazione occasionale.
Il contratto di lavoro subordinato è caratterizzato dal vincolo di subordinazione. Il dipendente si assume l’impegno di svolgere la propria attività lavorativa sotto la direzione del datore di lavoro o, di chi per esso, la coordina, in cambio di una retribuzione e del pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
La forma di lavoro subordinato più ricercata in quanto fornisce maggiore garanzie e tutele al lavoratore, è il contratto a tempo indeterminato. Esso si distingue da tutti gli altri per l’assenza di una data finale indicata, condizione che rappresenta un’assunzione definitiva.
Al lavoratore spettano le ferie, i giorni di riposo, la tredicesima, il trattamento di fine rapporto, i permessi causa malattia, infortunio, maternità etc.
Il contratto a tempo determinato differisce da quello a tempo indeterminato, per la presenza di una data di scadenza del rapporto di lavoro. La durata minima deve superare i 12 giorni ma non può essere superiore a 24 mesi. Questo contratto può essere rinnovato al massimo per quattro volte ma con una soglia limite complessiva di 36 mesi. In caso di superamento di tale limite, si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato.
La proroga non può avvenire senza un intervallo di tempo inferiore ai 10 giorni in caso di durata del contratto fino a 6 mesi. Se il contratto è di durata superiore, l’intervallo necessario diventa pari a 20 giorni. Il datore di lavoro è tenuto a indicare la causale del rinnovo, eccezion fatta per le attività stagionali.
Il contratto a tempo parziale (part-time) prevede un orario di lavoro ridotto rispetto alle consuete 40 ore settimanali. Esso deve essere indicato per consentire al lavoratore di organizzare il suo tempo al meglio. Le garanzie e tutele sono le stesse di un contratto a tempo indeterminato in relazione alle ore di lavoro svolte.
Il contratto a tempo parziale si divide in tre sottocategorie:
Il dipendente può svolgere anche più contratti a tempo parziale, a patto che venga rispettato il limite delle 40 ore di lavoro/settimana e il diritto al riposo settimanale.
Il contratto di apprendistato si rivolge ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni per agevolarne l’entrata nel mondo del lavoro. Il datore di lavoro è tenuto a retribuire l’attività svolta e a formare il giovane lavoratore, fornendo anche tutte le garanzie assicurative e previdenziali. Esistono tre tipi di contratto per gli apprendisti:
Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata è caratterizzato dalla frequenza non predeterminabile dell’attività del lavoratore, chiamato dal datore di lavoro all’occorrenza che deve indicare la durata della prestazione. Ogni lavoratore e con lo stesso datore di lavoro può lavorare per un periodo complessivo non superiore alle 400 giornate nell’arco di tre anni solari, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. Qualora venga superato questo periodo, il suddetto contratto di lavoro si trasforma in un rapporto a tempo pieno e indeterminato.
Il lavoro parasubordinato è una via di mezzo tra quello subordinato e quello autonomo. Esso è rappresentato dal contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), in cui il lavoratore deve svolgere la propria attività all’interno di una struttura organizzata ma allo stesso in piena autonomia, quindi, in assenza di un vincolo di subordinazione.
Il datore di lavoro retribuisce mensilmente il collaboratore per l’attività svolta e provvede al pagamento dei contributi nella misura di due terzi, il restante terzo è a carico del lavoratore. Tuttavia, solitamente l’azienda trattiene la quota in carico al collaboratore e provvede lui stesso a versarla, in quanto obbligato al versamento dell’intera contribuzione.
Il contratto di prestazione occasionale si configura nel caso in cui un soggetto svolge la propria attività in modo sporadico. I compensi ricevuti dal committente non devono superare i 5.000 euro annui, sono esentasse, non comportano il versamento contributivo, non incidono sullo stato di disoccupazione del lavoratore.
Il contratto di stage o tirocinio consiste in un percorso di formazione che ha come obiettivo l’inserimento o il reinserimento del soggetto nel mondo del lavoro. Esso prevede obbligatoriamente una retribuzione minima lorda di 300 euro al mese. Esistono diversi tipi di stage:
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