Abbiamo parlato in un precedente articolo del caso di dimissioni da parte un dipendente assunto a tempo indeterminato, motivazioni, procedure e conseguenze. Ma cosa succede se il lavoratore di un’azienda legato ad essa da un contratto a tempo determinato, vuole dare le dimissioni?
Premesso che, un contratto a termine può trasformarsi a tempo indeterminato, magari per volontà del datore di lavoro di stabilizzare il dipendente con una proroga definitiva, la differenza tra i due rapporti di lavoro è incentrata sulla presenza o meno di una data di scadenza.
Nel caso di assunzione a tempo determinato, il contratto si conclude al raggiungimento del termine prefissato. Tuttavia, le parti possono recedere unilateralmente in anticipo rispetto alla scadenza del termine, sempreché sia terminato il periodo di prova, ma solo per gravi motivi.
Nel caso di recesso da parte del datore di lavoro, si parla di licenziamento per giusta causa o impossibilità sopravvenuta della prestazione qualora l’evento, pur se prevedibile, non era evitabile. Il lavoratore, invece, può rassegnare le dimissioni solo per giusta causa. Ovviamente, il contratto s’intende sciolto anche per accordo preso da entrambi le parti. Ma adesso, concentriamoci sulle dimissioni presentate dal dipendente.
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Come accennato in precedenza, il dipendente assunto con un contratto a termine può dare le dimissioni esclusivamente in presenza di una giusta causa. La sua mancata sussistenza, porta il dipendente a subire delle conseguenze.
La giusta causa è determinata da un comportamento del datore di lavoro talmente grave da costringere il dipendente a dimettersi senza preavviso.
Anche nel contratto a tempo determinato, il lavoratore che rassegna le dimissioni per giusta causa non è tenuto a dare un preavviso al datore di lavoro. Invero, ciò si verifica in quanto il preavviso è una prerogativa dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
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Il dipendente con un contratto a termine, può dare le dimissioni per giusta causa:
Il dipendente che intende interrompere il rapporto a termine per giusta causa, deve ufficializzare le dimissioni esclusivamente in modalità telematica, con l’invio di appositi moduli al datore di lavoro via PEC e all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Nel modulo, il dipendente oltre a verificare la correttezza dei dati precaricati e ad inserire le informazioni richieste, deve selezionare l’opzione “dimissioni per giusta causa” e indicare il giorno di decorrenza delle stesse e l’ultimo giorno di lavoro in azienda.
L’invio del modulo può avvenire in autonomia collegandosi al sito www.cliclavoro.gov.it (è necessario possedere lo SPID) o tramite intermediari abilitati: patronati, consulenti del lavoro, sindacati, enti bilaterali, commissioni di certificazione e sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Le dimissioni possono essere revocate entro sette giorni dalla trasmissione utilizzando la stessa modalità prevista per l’invio.
Il lavoratore che si dimette per giusta causa da un rapporto a tempo determinato ha diritto al risarcimento del danno, che il datore di lavoro corrisponderà in busta paga. Il relativo calcolo si basa sulla retribuzione cui avrebbe avuto diritto se il contratto fosse arrivato a scadenza (a meno che non abbia trovato un’altra occupazione) compresa la tredicesima o eventuale quattordicesima a seconda del contratto collettivo applicato.
Durante il periodo di prova il dipendente può recedere in modo legittimo dal contratto a termine. In questo caso non è necessaria alcuna motivazione e le dimissioni possono essere presentate anche verbalmente. Tuttavia, per un’esigenza di certezza dei dati, è preferibile che il lavoratore consegni al datore una comunicazione scritta in cui rassegna le proprie irrevocabili dimissioni indicanti l’ultimo giorno di lavoro effettuato in prova.
La durata del periodo di prova è stabilita nel contratto di lavoro, ma nel caso si rinvii al Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, ci si attiene a quanto da esso indicato.
Le dimissioni prive di giusta causa e presentate al di fuori del periodo di prova costituiscono un’inosservanza del contratto di lavoro. In tal caso, il datore può chiedere il risarcimento del danno al dipendente, che consiste in una somma di denaro da trattenere in busta paga a discrezione dell’azienda.
Questa può avere un importo diverso rispetto agli stipendi cui il lavoratore avrebbe avuto diritto se non si fosse dimesso. Infatti, possono essere presi in considerazione elementi che riguardano l’attività di produzione e la sua pianificazione a medio o lungo termine.
Ad esempio, se il danno arrecato all’azienda con le dimissioni senza giusta causa del dipendente a tempo determinato viene ritenuto grave per pessima tempistica e/o per la difficoltà nel sostituirlo (magari perché svolge una mansione altamente specializzata), il risarcimento potrebbe essere più alto.
A prescindere da ciò che può ricevere l’azienda dal punto di vista economico, una volta ricevute le dimissioni del dipendente a tempo determinato via PEC, il datore di lavoro è obbligato a comunicarle entro cinque giorni dall’evento (l’ultimo giorno di lavoro) al Centro per l’Impiego tramite l’invio del modello Unilav.
Nel modello deve essere indicato se le dimissioni sono ordinarie o per giusta causa, insieme all’ultimo giorno di lavoro effettuato dal dipendente.
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