Licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quando è possibile?

Un rapporto di lavoro che non prevede un termine, si considera estinto quando vi pone fine una delle due parti stipulanti l’accordo. Se a recedere dal contratto è il datore di lavoro, ecco che si configura il licenziamento.

Quando un datore di lavoro prende la decisione di licenziare un proprio dipendente, l’interruzione unilaterale può essere dovuta per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo. Entrambi i casi sono riconducibili a motivi disciplinari, ovvero a un comportamento doloso o negligente contestato al lavoratore dal datore di lavoro.

Diversamente da quanto sopra indicato, la causa del licenziamento può essere rappresentata da una motivazione non imputabile alla condotta del lavoratore. In tal caso, il recesso unilaterale dal contratto da parte del datore di lavoro avviene per giustificato motivo oggettivo, ossia per ragioni strettamente correlate all’attività di produzione dell’azienda.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: in cosa consiste

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di uno o più dipendenti si concretizza in relazione alla vita economica dell’azienda. Il datore di lavoro si rende conto che una determinata mansione o prestazione lavorativa non è più utile ai fini produttivi e decide di sopprimerla per riorganizzare il lavoro, per gestire in modo ottimale un’eventuale crisi aziendale.

Per poter sussistere la ragione sopra indicata di licenziamento, il datore di lavoro deve dimostrare che il lavoratore o i lavoratori licenziati non sono in grado di svolgere altre mansioni simili o inferiori a quelle tagliate dall’azienda. Il licenziamento viene riconosciuto solo in presenza di motivazioni tangibili.

La sussistenza del motivo oggettivo di licenziamento è rimessa alla valutazione e alla discrezionalità del datore di lavoro, in quanto considerata un’espressione del principio di libertà d’impresa. In questo senso, il giudice non può contestare i criteri di gestione dell’azienda, ma può verificare l’effettiva sussistenza del motivo di recesso.

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: i casi rappresentativi

I casi di seguito indicati possono rappresentare giustificato motivo oggettivo:

  • la cessazione dell’attività di produzione;
  • la soppressione della posizione lavorativa;
  • l’introduzione di nuovi macchinari che comportano minori interventi da parte dell’uomo;
  • l’affidamento di servizi ad imprese esterne.

Al licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono assimilabili quello per superamento della durata di malattia, infortunio, gravidanza, puerperio e per sopravvenuta inidoneità del lavoratore alle mansioni.

Le motivazioni che giustificano il licenziamento devono sussistere effettivamente al momento in cui il medesimo viene intimato, altrimenti il licenziamento viene considerato nullo. Se il datore di lavoro, nelle settimane successive al licenziamento, procede all’assunzione di nuovi lavoratori destinati a svolgere le mansioni esercitate dai dipendenti licenziati, scatta la presunzione di illegittimità del licenziamento. Quest’ultimo può essere contestato in giudizio da parte dell’ex dipendente, ma si deve precisare che se ad essere assunti sono lavoratori stagionali, la giurisprudenza ritiene tali assunzioni irrilevanti.

Illegittimità del licenziamento

Qualora venga contestato il licenziamento per presunta illegittimità, il datore di lavoro dovrà dimostrare la sussistenza delle ragioni tecniche e organizzative e l’impossibilità di adibire al dipendente licenziato un’attività equipollente o inferiore all’interno dell’azienda.

Il datore di lavoro deve scegliere il dipendente da licenziare, sempre in buona fede e in base a criteri di correttezza. Motivo per cui, è da considerarsi illegittimo il licenziamento per ragioni discriminatorie, ovvero di genere, di razza, di religione etc.

Sul datore di lavoro grava l’obbligo di repêchage che consiste nell’obbligo di ricollocare il lavoratore ad altra mansione equivalente o inferiore al fine di evitare il licenziamento. È esteso a tutte le sedi dell’azienda ed è perciò responsabilità del datore di lavoro fornire la prova dell’impossibilità di ricollocamento del lavoratore non solo presso la sede di lavoro dove svolge la sua prestazione lavorativa, ma anche presso le altre eventuali unità locali.

Le ipotesi di libero recesso

Esistono dei casi in cui il datore di lavoro può recedere unilateralmente dal contratto, anche senza motivazione. Stiamo parlando del licenziamento di lavoratori in prova, di apprendisti quando termina il periodo di apprendistato, di lavoratori domestici, di lavoratori che hanno ottenuto i requisiti per accedere alla pensione, di dirigenti (salvi i limiti eventualmente previsti dal contratto collettivo), di atleti professionisti.

La riorganizzazione del lavoro che giustifica il licenziamento può riguardare:

  • la soppressione della posizione lavorativa e delle mansioni cui era adibito il lavoratore;
  • l’esternalizzazione a terzi dell’attività cui era addetto l’ex dipendente;
  • il perseguimento di una migliore efficienza gestionale o produttiva, ovvero l’incremento della redditività;
  • una diversa ripartizione delle mansioni fra il personale, con lo scopo di realizzare una gestione dell’azienda più efficiente e profittevole;

senza che, con riguardo a tali modifiche, siano sindacabili i profili di congruità e opportunità delle scelte datoriali, sussistendo le motivazioni addotte dall’imprenditore a giustificazione del recesso e incidendo proprio sulla posizione lavorativa interessata dal licenziamento, qualificandosi in termini di causa efficiente del medesimo.

La giurisprudenza è orientata a ritenere legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, anche in assenza di una situazione di crisi aziendale o di difficoltà in ambito economico-patrimoniale, dovendosi limitare la verifica del giudice alla effettività della riorganizzazione precedente il licenziamento.

LEGGI ANCHE: Quanto costa licenziare un dipendente a tempo indeterminato nel 2021?

Carmine Orlando

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