Ticket licenziamento Naspi, quando è tenuto a pagarlo il datore di lavoro?

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Il blocco dei licenziamenti durato oltre 70 settimane in Italia (iniziato il 17 marzo 2020) a causa dell’emergenza da Covid-19, sta per giungere al capolinea. Dal 1° luglio 2021, molte imprese potranno licenziare i loro dipendenti (industria ed edilizia) a meno che non decidano di utilizzare la cassa integrazione ordinaria scontata (senza addizionali). Mentre, le aziende di servizi e del settore terziario dovranno attendere il 1° novembre 2021.

Ad ogni modo, è sempre bene sottolineare per la messa a conoscenza di dipendenti e imprenditori, in cosa consiste il ticket di licenziamento Naspi e in quali casi il datore di lavoro è obbligato a corrisponderlo al lavoratore licenziato, inoltre, per quale importo.

Ticket licenziamento Naspi: cos’è

Il ticket di licenziamento Naspi è dovuto al dipendente per interruzione involontaria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il datore di lavoro dovrà pagare tale contributo nella misura del 41% del massimale mensile Naspi per ogni 12 mesi d’anzianità di lavoro conseguita negli ultimi 3 anni presso l’azienda che lo licenzia. In caso di licenziamento in ambito collettivo, il valore del contributo Naspi raddoppia (82%). Da questi criteri, si evince quanto il ticket di licenziamento possa essere oneroso. E’ doveroso precisare che all’anzianità aziendale contribuiscono anche i periodi lavorativi inerenti a un rapporto di lavoro diverso a quello a tempo indeterminato, ma solo nel caso in cui ci sia stata continuità lavorativa.

In quali casi il datore di lavoro deve pagare il contributo Naspi?

Il beneficio dell’indennità di disoccupazione Naspi è strettamente legato al diritto acquisito dal dipendente di ricevere il pagamento del ticket di licenziamento.

Infatti, il contributo Naspi da parte del datore di lavoro è previsto in caso di rassegnate dimissioni per giusta causa o avvenute nel corso del periodo tutelato dalla maternità. Inoltre, per risoluzione consensuale del contratto di lavoro quando non è conseguenza di una procedura di conciliazione o per il trasferimento in un’altra sede aziendale distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o raggiungibile in non meno di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici.

Altresì, il ticket di licenziamento Naspi si applica in caso di mancato superamento della prova; per lavoro intermittente; per licenziamento collettivo senza periodo di prova; per recesso del datore di lavoro alla fine del contratto di apprendistato; per licenziamento del dipendente (apprendisti inclusi) per giustificato motivo oggettivo o soggettivo e per giusta causa. Infine, per licenziamento di natura disciplinare.

Ticket di licenziamento: motivi di esenzione

Il ticket di licenziamento Naspi non è dovuto per il personale domestico, ossia colf e badanti, e per l’avvenuta morte del lavoratore. Per dimissioni volontarie o per recesso del dipendente: per risoluzione del rapporto di lavoro consensuale; per licenziamento collettivo occorso nelle procedure di mobilità o effettuate a causa di cambi d’appalto. E ancora, per interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere; per licenziamento del personale domestico.

Esclusione temporanea dal ticket di licenziamento

In alcuni casi, il datore di lavoro non è tenuto temporaneamente all’utilizzo del ticket licenziamento Naspi:

  • il datore di lavoro tenuto al versamento del contributo d’ingresso nelle procedure di mobilità, ex art. 5, comma 4, Legge n. 223/1991;
  • i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano seguite assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità dell’attività lavorativa prevista dai CCNL;
  • le interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

Tra i casi di esclusione del contributo Naspi è possibile inserire le cessazioni dei rapporti di lavoro avvenute a seguito di accordi sindacali nell’ambito di procedure, ex art. 4 e 24 della
Legge n. 223/1991, ovvero di processi di riduzione del personale dirigente che si sono conclusi con un accordo firmato dall’associazione sindacale stipulante il contratto collettivo nazionale del lavoro di categoria. Questa esenzione si applica in via esclusiva con riferimento a situazioni che rientrano nel quadro dei provvedimenti di “tutela dei lavoratori anziani”, di cui all’art. 4 della Legge n. 92/2012.

Contributo Naspi: l’importo nel licenziamento individuale

Come accennato poc’anzi, il datore di lavoro che licenzia il dipendente per ragioni che prevedono il ticket di licenziamento, deve corrispondere al dipendente il 41% del massimale mensile Naspi che per l’anno 2021 è di 1.227,55 euro per ogni 12 mesi di anzianità aziendale, quindi, 503,30 euro all’anno.

Il versamento del contributo Naspi deve avvenire una tantum per l’intero importo. Si applica integralmente anche per i contratti part-time. Se l’anzianità aziendale è minore di un anno, il calcolo va effettuato sui mesi, tenendo conto che al superamento dei 15 giorni di lavoro, scatta il mese.

Importo del ticket Naspi nel licenziamento collettivo

L’ammontare del contributo Naspi raddoppia in caso di licenziamento collettivo, passando dal 41% all’82% (moltiplicato per tre nei casi in cui non si raggiunga l’accordo sindacale).

Il licenziamento collettivo è previsto per le aziende con più di 15 dipendenti, e in conseguenza di una riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro, vogliono licenziare almeno cinque dipendenti in un periodo di 120 giorni nell’unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito della stessa provincia e quelle in CIGS.

La normativa si applica anche alle imprese soggette alla CIGS che effettuano riduzioni di personale nel campo delle procedure di licenziamento collettivo.

Il versamento del ticket di licenziamento Naspi

Con riferimento alle modalità di assolvimento della contribuzione sui licenziamenti è necessario considerare quale scadenza il termine di versamento della denuncia contributiva successiva a quella del mese in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro.

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Nato a Milano nel 1971 ma campano d'adozione, ho sempre avuto una grande passione per la scrittura, pur lavorando come libero professionista in altri settori. La scoperta del Web Copywriting e il vasto quanto complesso mondo della SEO mi ha conquistato, tanto da aver intrapreso un lungo percorso di formazione a aver trasformato un hobby in una fonte primaria di guadagno. Sono stato per anni coordinatore della redazione per CentroMeteoItaliano.it, ho collaborato con Money.it, con Notizieora.it e con BlastingNews.com.