Uno dei quesiti più ricorrenti per chi voglia aprire un nuovo business riguarda la possibilità di svolgere più attività con la stessa partita Iva. In altre parole, è possibile che nella stessa partita Iva siano iscritti due differenti codici Ateco. L’informazione è particolarmente importante per il calcolo del reddito imponibile ai fini del limite di fatturato necessario per chi rientri nel regime forfettario. Ma anche per l’applicazione della tassazione unica del 15%.
In generale, già all’atto dell’apertura della partita Iva, il titolare può scegliere, nella compilazione del modello AA9\12, più codici Ateco corrispondenti a diverse attività. Per ogni codice alfanumerico verrà identificata la relativa attività che il titolare della partita Iva svolgerà. Le attività possono essere classificate come principali e accessorie. Uno degli esempi più ricorrenti è quello di un professionista che lavori a più attività professionali.
Anche i titolari di partita Iva rientranti nel regime forfettario hanno la possibilità di svolgere più attività, con diversi codici Ateco, ma devono prestare attenzione alle regole connesse alla corretta applicazione del limite di fatturato e al calcolo della base imponibile sulla quale verrà applicata l’imposta fissa sostitutiva del 15% (o del 5% per le nuove attività per un limite massimo di cinque anni).
Il limite del fatturato è una delle condizioni necessarie per mantenere il regime forfettario della partita Iva. Per la stessa partita Iva con più codici Ateco (e dunque per più attività), dal 1° gennaio 2019 è necessario che il limite di fatturato all’anno sia unico per tutte le attività della partita Iva, indipendentemente dai codici Ateco riportati. Pertanto, i compensi o i ricavi ottenuti dalle varie attività devono avere il limite complessivo di 65.000 euro all’anno, il tetto previsto per le partite Iva aderenti al regime forfettario.
Ciò significa che è necessario calcolare i due o più fatturati derivanti dalle fatture emesse corrispondenti alle diverse attività e moltiplicarne, per ciascuno, il totale per il coefficiente di redditività previsto per ogni codice Ateco. Nel quadro Lm del modello Unico, il contribuente dovrà iscrivere tutte le attività esercitate con i rispettivi codici Ateco e i fatturati conseguiti. La somma dei fatturati, che determina il guadagno totale, non dovrà essere superiore ai 65.000 euro.
Nel caso di più codici Ateco corrispondenti a un’unica partita Iva, si dovranno fare alcune distinzioni. In primis, per più attività dello stesso settore, è richiesta l’iscrizione di un unico rigo con il codice Ateco dell’attività stessa. Il totale dei compensi o guadagni conseguiti dovrà andare nello stesso rigo, in quanto anche se trattasi di differenti codici Ateco, le varie attività avranno lo stesso coefficiente di redditività e dunque non si creerebbe la possibilità di confusione. Ad esempio, il commerciante all’ingrosso che è anche commerciante ambulante di prodotti alimentari e di bevande ha, per le due attività, lo stesso coefficiente di redditività pari al 40%.
Diverso è il caso di una partita Iva nella quale siano iscritti più codici Ateco con attività appartenenti a diversi settori. È il caso, ad esempio, del commerciante che è anche professionista. Per queste situazioni, è necessario compilare un rigo per ogni gruppo di settore di attività. Pertanto, il commerciante che è anche professionista dovrà compilare due righe nel quadro LM del modello Unico, corrispondenti alle due attività rientranti nei diversi settori.
Il reddito imponibile da calcolare da diversi codici Ateco rientranti in diversi settori della stessa partita Iva, dovrà dunque essere quantificato in maniera esatta considerando i diversi coefficienti di redditività. Ad esempio, un contribuente con partita Iva aderente al regime forfettario con due codici Ateco corrispondenti a diverse attività, una del commercio e l’altra di consulenza, dovrà calcolare due basi imponibili sulle quali applicare un diverso coefficiente.
Ammettiamo che dall’attività di commercio, il contribuente abbia ricavato 40.000 euro nell’anno di riferimento, e dall’attività di consulenza 20.000 euro. La somma di quanto guadagnato nell’anno (60.000 euro) permette al contribuente di mantenere la partita Iva con regime forfettario. Ciò avviene perché non è stato superato il limite del 65.000 euro previsto per tutte le attività. Tuttavia, il calcolo della base imponibile dovrà essere diversificato in quanto per le due attività sono previsti due coefficienti di redditività diversi. Per la prima attività è del 40% di coefficiente di redditività, mentre per quella di consulenza è del 78%. Pertanto la base imponibile dell’attività di commercio sarà 40.000 x 40% = 16.000, quella per l’attività di consulenza sarà di 20.000 x 78% = 15.600 euro.
Al netto delle specifiche regole delle due diverse casse di previdenza, quella dei commercianti e quella dei professionisti, si dovrà procedere con la determinazione del reddito netto. Pertanto, dalla somma delle due basi imponibili andranno dedotti i contributi previdenziali obbligatori. Al reddito imponibile ottenuto, dovrà essere applicata la percentuale unica del 15% (o del 5% per le nuove attività) che costituisce l’ammontare di tasse da pagare per la partita Iva.
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