Per un lavoratore, i periodi non coperti o con insufficienti contributi previdenziali rappresentano un danno per la sua futura pensione. La legge permette di rimediare, anche nel momento in cui il termine di prescrizione sia scaduto. Si tratta della rendita vitalizia, lo strumento mediante il quale si possono riscattare in modo oneroso i periodi non coperti o carenti di contributi previdenziali. Il riscatto può avvenire da parte del datore di lavoro o, in mancanza, per iniziativa del lavoratore stesso.
Sulla questione è intervenuta recentemente l’Inps con la circolare numero 78 del 29 maggio 2019. Nel documento l’Istituto di previdenza elenca i dettagli procedurali per la presentazione della domanda e l’indicazione dei mezzi di prova che supportano la richiesta. La prova documentale dell’esistenza del rapporto di lavoro, la data certa, l’esistenza certa, le dichiarazioni ora per allora e quelle dalla Pubblica amministrazione, le attestazioni del sindaco sono altresì precisate nella medesima circolare. Tuttavia, l’istituto del riscatto dei contributi omessi risale già all’articolo 13 della legge numero 1338 del 1962.
Secondo la legge, infatti, “il datore di lavoro che abbia omesso di versare contributi per l’assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione ai sensi dell’articolo 55 del regio decreto legge 4 ottobre 1935, numero 1827, può chiedere all’Istituto nazionale della previdenza sociale di costituire una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell’assicurazione obbligatoria, che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi”.
La stessa legge specifica che la rendita dei contributi prescritti integra con effetto immediato la pensione già in essere. In caso contrario, i contributi sono valutati ai fini dell’assicurazione obbligatoria prevista per la pensione di invalidità, per la vecchiaia e a favore dei superstiti.
Il datore di lavoro può esercitare la facoltà del versamento dei contributi prescritti esibendo all’Inps i documenti di data certa, dai quali si evince l’effettiva esistenza e la durata del rapporto di lavoro. Deve risultare, inoltre, anche la misura della retribuzione corrisposta al lavoratore stesso.
I contributi prescritti possono essere versati dal lavoratore nel momento in cui non possa ottenere dal datore di lavoro la costituzione della rendita. In questo caso, il lavoratore si sostituisce al datore di lavoro, salvo il diritto del risarcimento del danno. Ricade sul lavoratore stesso l’onere di fornire all’Inps le prove del rapporto di lavoro e della retribuzione. Tra i soggetti interessati alla costituzione della rendita vitalizia rientrano anche i superstiti del lavoratore.
La domanda dei contributi prescritti può essere presentata all’Inps senza limiti temporali, anche dopo il verificarsi del pagamento di un trattamento di pensione. È inoltre ammessa la domanda per omissioni parziali, nel caso in cui sia stata versata una contribuzione parziale rispetto alle retribuzioni che sono state percepite effettivamente. Infine, si può presentare domanda dei contributi prescritti anche per coprire parzialmente il periodo durante il quale si sia verificata omissione contributiva. Ad esempio, il riscatto può avvenire solo per le settimane necessarie per perfezionare i requisiti della pensione.
La circolare Inps 78 del 29 maggio 2019 riporta compiutamente i destinatari dello strumento del riscatto dei contributi omessi, ovvero gli interessati alla costituzione della rendita vitalizia. Infatti, figurano:
Il presupposto per attivare l’istituto del riscatto dei contributi omessi è che i contributi stessi siano caduti in prescrizione. Ciò avviene al trascorrere di cinque anni se la domanda viene presentata dal datore di lavoro e di dieci anni se è invece il lavoratore stesso a farne denuncia all’Inps.
Se i periodi per i quali si richiede il riscatto dei contributi omessi rientrano nel meccanismo retributivo, il costo viene calcolato in termini di “riserva matematica”. Ciò significa che si effettua il differenziale annuo tra la pensione con il riscatto dei contributi e quella senza il riscatto. Il risultato va moltiplicato per il coefficiente inerente al sesso, all’età e all’anzianità contributiva.
Diverso è il calcolo del riscatto di periodi di contributi omessi rientranti nel sistema contributivo. In questo meccanismo rientrano i lavoratori:
Per queste categorie di contribuenti il costo è quantificato applicando l’aliquota contributiva in vigore nel momento in cui si presenta domanda alla retribuzione percepita nei 12 mesi precedenti la domanda stessa. Si tratta di un sistema simile, dunque, al riscatto della laurea per chi non può beneficiare del sistema agevolato dell’articolo 4 del 2019.
Per i contribuenti iscritti alla Gestione separata Inps il costo del riscatto di periodi di omessa contribuzione fa riferimento al valore medio mensile dei compensi assoggettati alla contribuzione obbligatoria degli ultimi dodici mesi precedenti la domanda stessa. Non è stato ancora chiarito, invece, quale sia il reddito sul quale debbano far riferimento gli artigiani e i commercianti per il riscatto dei periodi non coperti.
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