La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale, alternativa al fallimento, che consente il perseguimento di scopi liquidativi con riferimento al patrimonio di determinate categorie di imprese, volto al soddisfacimento dei creditori delle medesime, utilizzando il metodo della par creditorium. D’altro canto, si caratterizza per la finalità pubblicista, poiché, in questo caso, a venire tutelato ancora prima dell’interesse dei creditori, è quello pubblico correlato alla natura o all’attività dell’impresa.
Sottolineato, per ora, come uno degli scopi della liquidazione coatta amministrativa diverga dal fallimento, è altrettanto doveroso ribadire come solo alcune tipologie di società o aziende e alcuni tipi di enti, siamo oggetto di tale procedura in quanto assoggettate a controllo pubblico oppure ad essere chiamate alla gestione di importanti strumenti finanziari affidati alla collettività, il suo dissesto economico o la sua incapacità di solvenza comprometterebbe l’interesse stesso dello Stato ad una sana economia.
Su precisa indicazione della legge, la liquidazione coatta amministrativa si fonda su determinati presupposti soggettivi od oggettivi che andiamo subito a chiarire:
Poiché l’interesse pubblico è prevaricante nella liquidazione coatta amministrativa, a differenza di quanto non accada con il fallimento, la gestione della procedura verrà assegnata ad una autorità amministrativa che riconoscendo sia i requisiti soggettivi che oggettivi inerenti, può determinare l’emissione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa utilizzando anche il suo potere di vigilanza.
Gli altri organi della procedura vengono nominati dall’autorità amministrava di cui sopra, con il provvedimento che ordina la liquidazione e, si tratta del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza. Ma partiamo con ordine:
L’inizio della procedura di liquidazione coatta amministrativa è rappresentato dal provvedimento dell’omonima autorità che mette ufficialmente l’impresa in liquidazione e, al contempo, nomina il commissario liquidatore e il comitato di sorveglianza.
Nel termine di dieci giorni, il provvedimento ordinante la liquidazione deve essere integralmente pubblicato da chi lo ha emanato, nella Gazzetta Ufficiale e comunicato per l’iscrizione al registro delle imprese. Invece, spetta all’autorità giudiziaria l’accertamento dello stato d’insolvenza. Tuttavia, nel caso quest’ultimo atto sia antecedente al provvedimento di cui sopra, la legge stabilisce che “il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell’autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa, dichiara tale stato con sentenza“.
Inoltre, con successivo decreto è proprio la sentenza a comportare che il tribunale debba adottare tutti i provvedimenti conservativi volti nell’interesse dei creditori fino all’inizio della procedura di liquidazione, previa audizione del debitore e l’autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa. La sentenza che dichiara lo stato di insolvenza deve essere omunicata entro tre giorni all’autorità competente affinché disponga la liquidazione o, se ritiene presenti i presupposti, l’avvio della risoluzione prevista dal decreto di recepimento della direttiva 2014/59/U.
In caso di accertamente successivo, il tribunale della sede principale dell’impresa, su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero, accerta lo stato d’insolvenza con sentenza in camera di consiglio, “anche se la liquidazione è stata disposta per insufficienza di attivo”.
Il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa pruduce effetti sia per l’impresa che per i creditori che sui rapporti giuridici preesistenti, analogamente alla sentenza di fallimento.
Altro effetto conseguente all’avvio della procedura di liquidazione è la perdita della legittimazione processuale nelle controversie, anche in corso, relative ai rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa, che viene trasferita in capo al commissario liquidatore.
Nel caso di dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza, la legge prevede che, una volta accertato tale stato, si applicano le disposizioni riguardanti gli “effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori”, anche nei riguardi dei soci a responsabilità illimitata.
Lo svolgimento della procedura di liquidazione (analogamente al fallimento) si compone di tre fasi: accertamento del passivo, liquidazione e ripartizione dell’attivo.
Novatna giorni dal provvedimento di liquidazione, e salvo che le leggi speciali stabiliscano un termine diverso, rappresentano il termine entro il quale il commissario deve formare l’elenco dei crediti accettati o respinti e delle domande accolte o respinte, depositandolo nella cancelleria del luogo dove l’impresa ha la sede principale, previa trasmissione a coloro la cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa a mezzo PEC.
Una volta depositato in cancelleria, l’elenco diventa esecutivo. Per le impugnazioni, le domande tardive di crediti e quelle di rivendica e restituzione si applicano gli articoli relativi al fallimento.
il commissario provvede alla liquidazione dell’attivo, osssia vendita immobili e mobili in blocco dell’impresa (salve limitazioni stabilite dall’autorità che vigila sulla liquidazione e in ogni caso, previa autorizzazione della stessa e del parere del comitato di sorveglianza), per la vendita degli immobili e per la vendita dei mobili in blocco dell’impresa.
Per le società con soci a responsabilità limitata, inoltre, su proposta del commissario liquidatore, il presidente del tribunale può ingiungere con decreto, sia agli stessi soci che ai precedenti titolari delle quote o delle azioni, di eseguire i versamenti ancora dovuti, anche se non è ancora scaduto il termine stabilito per il pagamento.
Le eventuali somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo, vanno distribuite ai creditori secondo l’ordine stabilito dalla Legge Fallimentare. Il commissario può distribuire acconti parziali, sia a tutti i creditori, sia ad alcune categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività e accertate tutte le passività, previo il parere del comitato di sorveglianza e con l’autorizzazione dell’autorità che vigila sulla liquidazione.
Le domande tardive per l’ammissione di crediti o per il riconoscimento dei diritti reali possono essere fatte valere solo sulle somme non ancora distribuite.
Prima dell’ultimo riparto ai creditori, il commissario sottopone all’autorità vigilante la procedura anche il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione che il piano di riparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza; l’autorità ne autorizza il deposito in cancelleria.
Il commissario liquidatore è tenuto a comunicare l’avvenuto deposito ai creditori ammessi al passivo e ai creditori fuori dal concorso. In mancanza di contestazioni, tutto procede normalmente.
L’autorità che vigila sulla liquidazione, sentiti il commissario liquidatore e il comitato di sorveglianza, può autorizzare sia l’impresa che uno o più creditori o un terzo a proporre al tribunale un concordato nel caso di società. Avvalendosi dei pareri degli organi suddetti, la stessa viene comunicata a tutti i creditori ammessi al passivo, pubblicata nella GU e presso l’ufficio del registro delle imprese.
Al tribunale spetta l’ultima parola sul concordato. Spetta al commissario liquidatore con l’assistenza del comitato di sorveglianza vigilare sull’esecuzione del concordato. Qualora non venisse eseguito, il tribunale, su ricorso del commissario liquidatore o di uno o più creditori, ne pronuncia la risoluzione o l’annullamento. In tal caso, si riapre la liquidazione amministrativa e l’autorità che vigila sulla procedura adotta tutti i provvedimenti all’uopo necessari.
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