Il Reddito di Cittadinanza è un sussidio economico erogato dal 1° gennaio 2019 come strumento di lotta contro la povertà. Ma il RdC ha anche l’intento di favorire il reinserimento nel mondo del lavoro, tanto da aver portato all’assunzione di figure professionali denominate “navigator” che avrebbero dovuto svolgere il lavoro degli uffici di collocamento, reperendo occasioni di lavoro ai percettori del Reddito di Cittadinanza. A prescindere dal suo funzionamento discutibile, perché se da una parte ha rappresentato la sopravvivenza di qualche milione di famiglie, d’altro canto, il RdC ha fallito (o quasi) nello scopo di reperire lavoro al percettore durante il periodo del beneficio. Vediamo brevemente a chi spetta il sussidio, quindi, se è compatibile con un lavoro, soprattutto a tempo parziale.
Se il percettore del RdC viene assunto durante il periodo del sussidio, deve inviare all’INPS il modello SR181-Esteso con cui segnala l’inizio della nuova attività tramite un patronato entro 30 giorni dall’assunzione. Tuttavia il reimpiego non determina automaticamente la revoca del sussidio che è compatibile con il reddito da lavoro, sempre che non si supera la soglia reddituale di accesso al Reddito di Cittadinanza.
Per sapere se il nuovo lavoro comporta la perdita del RdC, infatti, si deve verificare a quanto ammonta il reddito percepito con il nuovo lavoro. Si ricorda, che il sussidio spetta solamene a coloro il cui reddito familiare totale non sia superiore a 6.000 euro l’anno, moltiplicato per la scala di equivalenza e aumentato a 9.360 euro (in caso di domicilio in immobile in locazione da parte del nucleo familiare).
In parole più semplici, si perde totalmente il diritto al Reddito di Cittadinanza nel caso in cui, dopo tutti i calcoli effettuati, la soglia massima rimane inferiore al reddito conseguito, quindi, non si ha diritto ad alcuna integrazione. In base alle nuove disposizioni del decreto Sostegni, poi, non ci sono conseguenze negative se il nuovo lavoro non comporta un aumento del reddito familiare oltre 10mila euro, per un massimo di sei mesi.
Sono in molti a chiedersi se lavorando a tempo parziale, possono beneficiare del reddito di cittadinanza. Per prima cosa, chi lavora a tempo parziale deve comunicare il tutto attraverso un modulo che tenga presente di ogni variazione della propria situazione patrimoniale e reddituale. Quindi, per comunicare all’INPS che si stanno percependo reddito da lavoro dipendente part time, ci si deve recare nella sezione del Reddito di Cittadinanza e comunicarlo con l’apposito modulo. Le variazioni vanno aggiornate ogni tre mesi per sapere se si ha ancora diritto a percepire il sussidio. Spetterà all’ente previdenziale rimodulare gli importi.
E’ fondamentale per capirci qualcosa, tenere ben presente che la quota base del Reddito di Cittadinanza si calcola moltiplicando il corrispondente criterio della scala di equivalenza che si basa sulla composizione della famiglia, per 6.00o euro. Dal prodotto va sottratto il reddito familiare ISEE di riferimento e il valore dei trattamenti di assistenza in corso della fruizione del beneficio.
Se il percettore del sussidio inizia un’attività a tempo parziale di 600 euro al mese, con tre maggiorenni e un minorenne nel nucleo familiare, la scala di equivalenza è pari a 2. Poiché non supera i 2,1 punti previsti (2,2 punti con un familiare disabile), ecco che il sussidio non viene perso ma funge da integrazione (520 euro al mese).
Diversamente, nel caso in cui il percettore del Reddito di Cittadinanza prende 700 euro al mese e tra l’altro, in famiglia c’è solo un adulto e un minorenne, il sussidio integrante sarà solamente di 40 euro al mese.
A questo punto, è lapalissiano che tutto dipende dalla scala di equivalenza che si basa soprattutto sulla composizione della famiglia. Basti pensare, che il beneficiario del sussidio vale 1 punto, 0,4 lo vale un adulto, 0,2 lo vale un minorenne.
In parole povere, se viene superata la soglia massima reddituale di 13.200 euro, due membri che lavorano part time oppure uno che lavora full time, sarà sufficiente a perdere il sussidio.
La massima soglia ISEE, invece, è pari a 9.360 euro che tra affitto o mutuo più il calcolo della scala di equivalenza può raggiungere non più di 20.592 euro, anche in caso di familiari disabili all’interno del nucleo familiare. Se i redditi complessivi familiari, anche dati da più lavori part time superano tale soglia, si perde il diritto al sussidio.
Cosa succederà in un prossimo futuro, quando il governo Draghi cambierà le carte in tavole, Parlamento permettendo, vedremo se e come cambierà la situazione rispetto al diritto a percepire il Reddito di Cittadinanza.
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