Le forze politiche che compongono l’attuale ampia maggioranza che sostiene il Governo Draghi, spesso assumono posizioni diverse sui punti cardine. A volte, nemmeno gli alleati di coalizione riescono a concordare, tanto da confondere gli italiani su chi sostenga davvero l’esecutivo e chi no.
Tra i punti chiave dell’agenda di governo non poteva mancare la riforma del fisco, non seconda alla questione sulle misure anti-delocalizzazione e alla legge annuale sulla concorrenza. Intanto, le scadenze si avvicinano: a metà ottobre il varo per la legge di bilancio, mentre l’aggiornamento del Def è ormai questione di qualche altra settimana. Referendum sulla Giustizia, il caso delle cartelle fiscali, l’alleggerimento del cuneo fiscale, l’annoso Reddito di Cittadinanza e l’infinita querelle sulla Riforma Pensioni che non arriva e che rischia di farci tornare ai tempi della Legge Fornero con lo scalone di fine anno e tanti saluti a Quota 100.
La campagna elettorale continua, il semestre bianco impedisce lo scioglimento delle Camere, ma le elezioni amministrative e il voto che coinvolge le principali città italiane, ricordiamo che agli inizi di ottobre si va alle urne anche a Milano, Roma, Napoli, Torino e Bologna per scegliere il sindaco. Come se non bastasse, siamo in piena discussione sull’obbligo vaccinale, sul green pass alla Camera e su Matteo Salvini che ritira gli emendamenti per non fare cadere il Governo che sostiene, per poi votare contro il green pass. Lo stesso leader leghista Matteo Salvini predica soluzioni comuni ma razzola male.
Ma in tutto questo caos, chi ci perde? Noi cittadini e contribuenti naturalmente, a Palazzo si chiacchiera senza trovare accordo, mentre a casa, sono in molti a preoccuparsi della vita reale e delle prospettive invisibili.
Le riunioni preliminari sono cominciate sulla Manovra, ma l’istruttoria tecnica latita. C’è bisogno di finanziare una Manovra da almeno 20 miliardi ma al contempo si vogliono tagliare le spese, nemmeno troppo per evitare l’aumento esasperato del debito. Ma gli italiani, già danneggiati economicamente e forse psicologicamente dall’emergenza coronavirus, aspettano risposte, o meglio soluzioni ai problemi. Se è vero che l’economia è ripartita forte, c’è anche da dire che si tratta di un rimbalzo preventivato dopo un down così forte e prolungato.
Ci sono almeno venti miliardi da recuperare per mettere in atto la Manovra, rifinanziando gli ammortizzatori sociali, la Naspi, il dopo Quota 100, le misure per la crescita, più fondi per la sanità e le spese cosiddette indifferibili. E le correzioni sul Reddito di Cittadinanza dove le mettiamo, il taglio del cuneo e le probabili restrizioni da applicare al Superbonus 110% da prorogare al 2023?
Attesa a luglio, siamo arrivati a settembre 2021, ma la delega sulla riforma fiscale non si vede ancora. La maggioranza (tanto per cambiare) è spesso divisa, una dote per i diciottenni proposta dal Pd da ricavare sui più ricchi sulla flat tax si cui insiste la Lega. Sembra più fattibile la cancellazione dell’IRAP, così come un taglio immediato al cuneo fiscale-contributivo. Anche il capitolo cartelle aspetta la sentenza per fine settembre. Intanto, l’Agenzia delle Entrate ha fatti ripartire le notifiche delle cartelle esattoriali congelate da marzo 2020, causa il Covid-19. Ma per tutta risposta, Salvini e Meloni chiedono di prolungare la misura appoggiati anche da Forza Italia. Anche il Movimento 5 Stelle spinge per una nuova sospensione per poi rilanciare la rottamazione. Il Partito Democratico diverge, si sa, alla rottamazione sono allergici.
La Lega si Salvini e Italia Viva di Renzi contestano codesta misura, così non va, in quanto manca tutta la parte comprendente il reinserimento del lavoro. Forza Italia concorda, Renzi vuole addirittura il referendum per bloccarlo. Ovviamente, il M5S non ci sta, pur consapevole che ha bisogno di aggiustamenti e miglioramenti, così come sostenuto da Pd e Leu. Mario Draghi non sembra avere intenzione di bloccare il RdC, ma pretende maggiori controlli e più velocità di rioccupazione.
Riforma pensioni infinita, ma le parti sociali e i pariti stessi non trovano un accordo con il governo. Liberi e Uguali, M5S e sindacati spingono per un’uscita dal lavoro più flessibile per il dopo Quota 100. La riforma degli ammortizzatori targata Orlando non convince, soprattutto per i costi (8 miliardi), il Mef e neppure alcune forze della maggioranza. Per Matteo Renzi gli oneri dovranno essere contenuti evitando la CIG gratis per le piccolissime imprese, nemmeno Lega e FI appoggiano il progetto.
La sottosegretaria Guerra al MEF spinge per una riforma agli ammortizzatori sociali al risparmio. La Lega non condivide la linea prudente del MEF ed è convinta che alla Legge Fornero non si debba tornare, ma con una proposta diversa da quella di M5S e LeU. Il PD è più cauto. Ma da tutto questo cosa ne uscirà? Per adesso, solo grande incertezza.
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