Il mondo del trading online continua ad affascinare milioni di utenti italiani del web. Molti di loro, ignorano (erroneamente) l’aspetto fiscale di questa attività che, solo in alcuni rari casi porta dei guadagni, ossia, dove le transazioni effettuate tramite strumenti finanziari nell’arco di un periodo di tempo, portano ricavi superiori al capitale investito.
Premesso ciò, potremmo aprire un lunghissimo dibattito su come guadagnare costantemente sul web attraverso il trading online, ma stavolta, ci limiteremo a rispondere alle persone che ci chiedono se ci vuole la partita IVA per svolgere questa attività autonoma.
Mettersi a posto con il fisco per effettuare il trading online, quindi, per lavorare sui mercati finanziari tramite seri e affidabili intermediari, come i broker, è una delle prime cose di cui un trader dovrebbe occuparsi.
Tuttavia, ciò non significa che per il trading online è necessario aprire od operare con partita IVA. Infatti, la tassazione su eventuali guadagni è già prevista al 26% a prescindere dalla partita IVA. Inoltre, chi opta per non aprire partita IVA per fare trading online, non è tenuto al versamento di contributi previdenziali.
Qualora si decidesse di fare trading online utilizzando la partita IVA come persona fisica è bene considerare che ci sarebbero anche dei contributi INPS da versare.
Detto ciò, ribadiamo che per il trading online non è obbligatorio operare con partita IVA. I ricavi e le perdite vanno comunque dichiarate per poter applicare su eventuali guadagni generati un’imposta del 26%, così prevede la legge italiana.
Il sistema di tassazione varia a seconda del tipo di intermediario che chi fa trading online utilizza:
Quando l’intermediario è estero, inoltre, va compilato il quadro RW della dichiarazione dei redditi e pagate l’IVAFE, che non è altro che un’imposta di bollo che si paga sui conti in Italia.
A dirla tutta, esiste un’altra tassa chiamata Tobin Tax, la quale va applicata sugli strumenti finanziari posseduti sa fine giornata sottratti a quelli del giorno precedente. Tuttavia, questo tipo di tassazione è pari allo 0,1% e riguarda solo il caso di azioni di Società italiane quotate in Borsa e aventi una capitalizzazione superiore a 500.000.000 milioni di euro, oppure strumenti finanziari su mercati non regolamentati, dove la tassazione sale allo 0,2%. La Tobin Tax ammonta a misure fisse in base al valore del contratto nel caso di mercati derivati.
E’ da sottolineare che la Tobin Tax non si applica sulle transazioni intraday, ossia, quelle effettuate in acquisto o in vendita sullo stesso strumento finanziario. Inoltre, per gli intermediari italiani vige l’imposta applicata da loro stessi, in caso contrario è necessario ricorrere alla trasmissione della dichiarazione FTT all’Agenzia delle Entrate.
Per chi fa il trading online affidandosi a broker esteri, va chiesta la certificazione delle transazioni effettuate, per semplificare il compito di chi deve provvedere alla compilazione delle dichiarazioni.
Fino ad ora, ci siamo occupati della tassazione prevista sulle plusvalenze, ma nel caso, purtroppo frequente, di minusvalenze, quindi di perdite, cosa succede? Esse vanno sottratte alle pulsvalenze, per cui la tassazione in termini assoluti sarà inferiore. Nei casi in cui le minusvalenze siano superiori alle plusvalenze, i guadagni vengono azzerati, così come le tasse.
C’è da dire, che le minusvalenze possono essere riportate per un massimo di quattro anni, trascorsi i quali si perderanno. Se si utilizza un intermediario italiano per operare, sarà lui stesso a monitorare plusvalenze e minusvalenze (ovvero il così detto zainetto fiscale) e provvederà in autonomia alla compensazione.
Abbiamo parlato in modo molto generico di trading online, praticato in grande maggioranza da operatori amatoriali e senza partita IVA. Ma cosa succede se vuoi utilizzare azioni, obbligazioni e altri mercati mobiliari in nome proprio?
I trader si suddividono in speculatori che giocano a speculare sugli strumenti finanziari, in piccoli investitori (che sono la stragrande maggioranza) e il professionista. Nell’ultimo caso, devi aprire una partita IVA come farebbe qualsiasi soggetto che la richiede e, che pertanto, deve collegarla a un codice ATECO che nel caso specifico è il 66.12.00, rientrante in un’attività di negoziazione di contratti relativi a titoli e merci.
Come per tutte le altre attività, il trader professionista può decidere di scegliere il regime forfettario rispettandone i vincoli e iscrivendosi alla Gestione Separata INPS, oppure aderire al regime ordinario semplificato, sempre nel rispetto dei requisiti richiesti.
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