Internazionalizzazione delle imprese: cos’è e come funziona

Il processo di globalizzazione è continuo e se le azione vogliono crescere hanno bisogno di perseguire lo scopo dell’internalizzazione. Il cosiddetto Made in Italy va esportato non solo dalle grandi imprese ma anche dalle aziende di dimensioni minori, d’altronde, il tessuto imprenditoriale del nostro Paese è composta per la stragrande maggioranza da piccole e medie imprese.

Cos’è l’internalizzazione?

Come si può evincere dal termine, l’internalizzazione è un processo per cui un’impresa crea rapporti con i mercati esteri, che si tratti di semplice vendita o delocalizzazione della produzione, cambia poco. Infatti, vediamo quali sono i casi in cui un’impresa si internazionalizza:

  • si accorda con imprese estere;
  • produce, esporta o vende i propri prodotti all’estero;
  • importa capitale provenienti dall’estero;
  • delocalizza anche in parte delle unità di produzione al di fuori dai confini del territorio nazionale.

Perché un’impresa internazionalizza?

L’impresa che decide di aprirsi ai mercati internazionali è spinta prevalentemente da motivi economici, di cui due spiccano su tutti gli altri:

  • Aumento delle entrate: entrare in un mercato estero per piazzare i propri prodotti vuol dire maggiori ricavi per l’impresa che la effettua. Si allarga il bacino d’utenza dei potenziali clienti, aumentano potenzialmente le vendite. Oltreché che per ambizione e notorietà, per alcune imprese, internazionalizzare può essere dovuta alla saturazione del mercato interno, quindi una necessità.
  • Abbattere i costi: il termine delocalizzazione è sempre più utilizzato, soprattutto per le imprese dell’Italia settentrionale. Con questa azione si sposta parte, o l’intera produzione in uno Stato estero dove il costo del lavoro è molto più basso. Ciò significa diventare più concorrenziali, in quanto con una sede fiscale oltre confine si ha la possibilità di pagare tasse nettamente minori senza nulla togliere alla produzione o comunque in modo talmente minimo da apparire qualcosa di trascurabile.

Operare in un mondo globale, significa poter produrre in un Paese, ma pagando le tasse in un altro, ed effettuare la vendita dei propri prodotti in un altro Stato ancora. In questo modo, la globalizzazione permette ad un imprenditore di organizzare l’assetto della propria azienda come ritiene più opportuno in modo da ottimizzare i guadagni.

Come fare ad internazionalizzare la propria azienda?

No0nostante quanto sopra indicati, internazionalizzare un’azienda non è un’operazione possibile per tutti gli imprenditori. Ad esempio, ci sono dei costi da affrontare e un’impresa che non dispone di una stabilità economico-finanziaria non riesce a farlo. Al contrario, e con dei prodotti di alta qualità e che si adeguano ai mercati internazionali è consigliato allargare i propri orizzonti.

L’impresa che vuole internazionalizzare deve avere un rete di conoscenze e informazioni con la nazione in cui ci si vuole allargare. Si devono prendere o creare contatti con il Paese estero e magari avere dei partner commerciali. Inoltre è fondamentale conoscere la condizione sociale e la situazione economica dell’altro Stato, ovvero studiarne per prendere in considerazione la situazione demografica e ambientale, così come la distribuzione del reddito.

L’azienda che vuole aprirsi ai mercati esteri può fare riferimento all’Agenzia ICE che opera insieme alla Farnesina e il MEF. Se si tratta di una piccola o media impresa deve essere aperta alla creazione di consorzi o reti d’impresa, dal punto di vista organizzativo ma anche fiscale. Inoltre, può far leva sui finanziamente agevolati messi a disposizione dall’Italia e dall’Unione Europea.

Come può avvenire l’internalizzazione?

L’internalizzazione di un’impresa può avvenire attraverso diverse modalità:

  • semplice esportazione, vendita diretta dei propri prodotti sul mercato estero;
  • retailing, vendita dei propri prodotti tramite rivenditori locali;
  • self sale, aprire una propria base di vendita nel paese di approdo;
  • base development, creazione di una società di diritto estero, autonoma ma legata alla principale che si trova nel paese di provenienza;
  • direct offshore investment, il grado più alto d’internazionalizzazione, che si verifica quando l’azienda non si limita a vendere all’estero, ma decide di delocalizzare la propria produzione.
Carmine Orlando

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