Le tasse sui bitcoin, per le persone fisiche, sono materia ancora oggetto di osservazione. Ma vediamo cosa dice l’Agenzia delle entrate in merito.
Le tasse sui bitcoin sono materia giornaliera e mondiale. Prima di analizzare le tasse sui bitcoin per coloro che sono persone fisiche, al di fuori del reddito d’impresa, cerchiamo di capire cosa sono i bitcoin. Il Bitcoin è una criptovaluta ed un sistema di pagamento valutario internazionale creato nel 2009. Il sistema è stato inventato da una persona il cui pseudonimo è Satoshi Nakamoto. Un uomo che ha sviluppato l’idea online e che ha appassionato miglioni di utenti e speculatori.
Ma sono tante le persone che oggi investono online attraverso il sistema dei bitcoin. E se le prospettive sono queste, sicuramente aumenteranno sempre più. Criptovalute e tassazione sono sempre state oggetto di attenzione dell’Agenzia delle entrate e del Mef.
La tassazione dei bitcoin sulle persone fisiche è ovviamente molto recente. La stessa agenzia delle entrate ha risposto in passato con la risoluzione numero 72/E del 2 settembre. In cui era chiara la linea che: la valuta virtuale «bitcoin» non abbia altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento e che essa sia accettata a tal fine da alcuni operatori.
Mentre “Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”. Ne deriva che non sono applicabili tasse su questo tipo di moneta, ma solo nel caso in cui il pagamento non è connesso ad attività d’impresa.
Ma l’interpretazione cozza con quello che potrebbe essere il mercato parallelo dei Forex. Il foreign exxhange market detto semplicemente Forex o mercato valutario, si ha quanto una valuta viene scambiata con un’altra. Tuttavia comprende il mercato di tutte le transazioni che avvengono tra i grandi istituti bancari, gli speculatori valutari, i governi, le multinazionali e per questo motivo viene detto il più grande mercato al mondo. I guadagni che derivano da queste transazioni vengono considerati dal TUIR come redditi Diversi. Tuttavia sono debiti diversi tutti quelli che non rientrano nelle classiche categorie predisposte dalla normativa fiscale.
Le operazioni di compravendita di valuta vengono effettuate sul mercato Forex attraverso la conclusione on line di contratti cosiddetti “spot e rolling spot. Pertanto per gli operatori è richiesta l’apertura di un conto corrente dedicato presso una delle primarie banche italiane, sul quale viene depositata una somma e vincolata a favore dell’intermediario. Anche le plusvalenze delle operazioni di compravendita di valute non sono soggette a tassazione secondo l’art. 67, comma 7, lettare c-ter) del Tuir. Pertanto anche il mercato dei Bitcoin le tasse sui bitcoin seguono la stessa sorte.
Le tasse sui bitcoin sono diverse se si tratta di società che intendono remunerare commissioni pari alla differenza tra l’importo corrisposto al cliente che intende acquistare/vendere bitcoin e la migliore quotazione reperita dalla società sul mercato. In questi casi si tratta di prestazione di servizi con calcolo dell’Iva. Pertanto la tassazione segue quella prevista per le società che svolgono prestazione di servizi e quindi i componenti di redditi derivanti dall’intermediazione vanno tassati. Proventi che sono tassati al netto dei costi inerenti all’attività d’impresa.
Inoltre rispetto al cliente, la società non deve costituirsi come sostituto d’imposta. Mentre rimangono salvi tutti gli altri obblighi spettanti a questo tipo di imprese: come l’adeguata verifica della clientela o la segnalazione di operazioni sospette ai fini del condizionamento delle normali attività di mercato.
In Italia comunque la normativa risulta abbastanza obsoleta, nonostante si senta sempre più parlare di Bitcoin e criptomonete o criptovalute. Strano che però questo tipo di esenzione dalle tasse è prevista per i classici paradisi fiscali come Montecarlo e Svizzera che hanno scelto di non fa pagare nulla come tasse sui profitti da criptovalute. Almeno fino a ricavi pari a 51 mila euro.
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