Pane e pasta hanno raggiunto dei prezzi senza precedenti. Tra motivazione e rincari sia per le imprese che per i consumatori finali.
Pane e pasta stanno aumentando i loro prezzi in maniera vertiginosa. Da nord a sud Italia i rincari colpiscono non solo le materie prime per le aziende, ma anche il consumatore finale. Un chilo di pane più di tre euro e si ricorda che stiamo parlando di un bene di prima necessita, che non dovrebbe mai mancare a nessuno. Mentre si fa sempre più presente lo spettro dell‘inflazione in rialzo.
Comunque sia già nei mesi scorsi si è assistito ad un aumento in bolletta di gas e luce. Infatti le prime bollette già rincarate sono arrivate, portando con se un’amara consapevolezza per gli utenti. Ed oggi non solo il pane, ma anche la pasta sia normale che integrale, sia nei supermercati che nelle botteghe sotto casa.
Dopo gas, luce e carburante arrivano ancora aumenti per le famiglie italiane. Ma quello che stupisce è che sono in aumento anche i generi alimentari. Si parla di circa il 15% in più rispetto allo scorso anno. Mentre per farina, pasta integrale e pane in cassetta i rincari sono del 30%. L’aumento della farina al chilo è del 38% da maggio ad oggi, mentre un chilo di pane è più del 11% sempre con riferimento allo stesso periodo.
Ma quali potrebbero essere le motivazioni? Una risposta è da ricercarsi nel calo dei raccolti in Ucraina, secondo quanto dichiarato dall’Ismea. Si tratta dell’istituto di servizi per il mercato agricolo ed alimentare, che sta monitorando la situazione. La seconda motivazione potrebbe essere legata alla decisione della Russia di diminuire il livello di esportazioni, allo scopo di contenere il prezzo del grano.
Sembra strano ma le nostre aziende per produrre i loro prodotti hanno bisogno spesso di importare il grano o le farine per le lavorazioni. Ebbene si perché il grano 100 per cento italiano riesce a coprire solo il 33% della domanda. La produzione di grano italiano è molto difficile da proteggere come Made in Italy visto che l’Italia produce poco più del 50% del proprio fabbisogno complessivo. In altre parole importiamo circa il 50% di grano tenero e il 40% di grano duro per sopperire al nostro fabbisogno.
In ogni caso abbiamo tanti produttori grano italiano che con cura e passione coltivano questo importantissimo cereale. Qualche rischio di importare grano con tracce di antiparassitari o micotossine sussiste ma non possiamo fare in altro modo per il fabbisogno della nazione.
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