Pensione di vecchiaia: come cambia in base all’aspettativa di vita?

Tra gli aspetti più importanti per costruire una buona pensione di vecchiaia, sicuramente gli indici di aspettativa di vita rientrano tra gli elementi decisivi. L’aspettativa di vita, in particolare, condiziona l’accesso alla pensione di vecchiaia. Nel dettaglio, l’aspettativa di vita potrebbe ritardare o, nella migliore delle ipotesi, lasciare inalterati i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia.

Aspettativa di vita per il calcolo dei requisiti delle pensioni, in cosa consiste?

Il requisito richiesto per accedere alla generalità delle pensioni o il requisito contributivo per le pensioni dove non è richiesto l’elemento anagrafico, è adeguato ogni due anni all’aspettativa di vita media calcolato dall’Istat. Qualora risultasse un aumento della speranza di vita, l’età pensionabile si incrementa fino a un massimo di tre mesi; contrariamente, se dai dati Istat viene riscontrato un decremento dell’aspettativa di vita, il requisito anagrafico rimane bloccato con scomputo delle riduzioni nell’adeguamento successivo.

Pensioni di vecchiaia, quali sono i requisiti anagrafici di uscita nel 2022?

Per la pensione di vecchiaia, l’attuale requisito anagrafico è fissato a 67 anni di età. Tale requisito, già calcolato nel precedente biennio, nel 2022 rimarrà inalterato. Per il biennio successivo, ovvero per i lavoratori in uscita dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2024, è stato già confermato che il requisito anagrafico rimarrà invariato. Tale riscontro dei dati demografici dell’Istat sull’aspettativa di vita deriva dall’aver preso in considerazione, nel calcolo della speranza di vita, del primo anno (il 2020) della pandemia da Covid-19. L’emergenza sanitaria ed economica ha determinato il conseguente decremento dell’aspettativa di vita. L’andamento in decrescita della speranza di vita non implicherà, dunque, un aumento dell’età per la pensione.

Pensioni, in che modo l’aspettativa di vita condiziona l’accesso al pensionamento?

L’aspettativa di vita contribuisce all’accesso della pensione dal 2009. Si tratta di una variabile che manda in avanti, incrementando l’età di uscita, l’accesso alla pensione di vecchiaia. La speranza di vita collega in maniera diretta i requisiti anagrafici (o contributivi) degli ingressi agli adeguamenti Istat. Inoltre, il fattore statistico viene attualmente aggiornato ogni due anni, mentre in passato l’aggiornamento avveniva ogni triennio. Dunque l’aggiornamento dei requisiti di pensione avvengono con maggiore frequenza rispetto a quanto succedeva nei primi anni di introduzione del meccanismo della speranza di vita.

Pensioni di vecchiaia e aspettativa di vita: come funziona il meccanismo di adeguamento?

I dati dell’Istat sulla speranza di vita vengono consolidati da decreti del ministero dell’Economia e delle Finanze ogni due anni. Nel caso in cui i dati demografici dell’Istat fanno registrare dei miglioramenti della vita, in particolare nella lunghezza della della durata della stessa, differisce in avanti l’ingresso al trattamento di pensione dei lavoratori. La tutela nel meccanismo dell’aspettativa di vita consiste nel massimo di maggiorazione, per ciascun biennio, di tre mesi. Il prossimo incremento della pensione di vecchiaia, quello del 2025-2026, potrebbe pertanto portare a una pensione di vecchiaia di 67 anni e tre mesi. Non di più.

Pensioni anticipate, come funziona con la speranza di vita?

Laddove non vi sono requisiti anagrafici, l’aggiornamento della speranza di vita incide sull’altro requisito, quello contributivo. È il caso della pensione anticipata dei soli contributi che, attualmente si raggiunge con:

  • 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini, a prescindere dall’età di uscita;
  • 41 anni e dieci mesi di contributi per le donne, indipendentemente dall’età di uscita.

I requisiti di uscita per la pensione anticipata rimarranno inalterati fino a tutto il 2026. Il blocco dei requisiti richiesti è stato introdotto con il decreto numero 4 del 2019, lo stesso provvedimento che ha decretato la sperimentazione di tre anni di quota 100. Il prossimo aggiornamento dei requisiti contributivi è previsto a partire dal 1° gennaio 2027.

Pensioni di vecchiaia, come condiziona le uscite dei liberi professionisti? L’eccezione alla speranza di vita

All’interno della previdenza dei liberi professionisti, spetta a ogni Cassa previdenziale interpretare e adeguare i propri requisiti all’aspettativa di vita. Per alcune Casse previdenziali, come l’Enpacl dei consulenti di lavoro, non c’è una diretta correlazione tra aumenti della speranza di vita e incremento dei requisiti di pensionamento. Vi è piuttosto una maggiore gradualità nell’applicare gli adeguamenti e gli incrementi della speranza di vita.

Pensioni di vecchiaia liberi professionisti, il caso dei consulenti del lavoro

I requisiti per la pensione di vecchiaia dei consulenti di lavoro risultano modificati dalla speranza di vita con adeguamenti differenti rispetto a quanto succede per la pensione pubblica. Tuttavia, l’età necessaria per andare in pensione di vecchiaia dei consulenti del lavoro è fissata a 69 anni nel 2022 e a 70 anni a partire dal 2025. La contribuzione necessaria è pari a 5 anni di versamenti, ma occorre guadagnare una pensione minima annuale di 10.920 euro. Pertanto, se all’età di uscita per la pensione di vecchiaia non venisse raggiunto il requisito economico della pensione, l’accesso al trattamento si sposterebbe in avanti finché non si maturi il requisito richiesto. È previsto un limite di età, in ogni modo, per il raggiungimento di questo requisito.

Aspettativa di vita, come determina chi può andare in pensione anticipata di vecchiaia per invalidità?

Gli adeguamenti periodici dei requisiti anagrafici dettati dalla speranza di vita non si applicano ai lavoratori che perdono il titolo abilitativo per raggiunti limiti di età. La speranza di vita, tuttavia, si applica alla pensione di vecchiaia anticipata per invalidità. Quest’ultima formula di uscita è riservata ai dipendenti del settore privato con un indice di invalidità di almeno l’80% e si può agganciare non più a 55 anni di età per le donne e a 61 per gli uomini come in passato, ma alle rispettive età di 56 anni e di 61 anni. La misura, infatti, consiste in una deroga al requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia ordinaria, e non per uno specifico trattamento per invalidità.