Pensione: che vantaggi da e cos’è la neutralizzazione dei contributi dannosi

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Torna al centro della materia pensionistica il tema della neutralizzazione dei contributi. E lo fa per via di un nuovo messaggio Inps sulle pensioni e sui contributi dannosi. Contributi che possono danneggiare una pensione.

La comunicazione dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale fa riferimento ad una sentenza della Corte Costituzionale che stabilisce la facoltà del pensionato di eludere dal calcolo della propria pensione, una determinata contribuzione previdenziale che può danneggiare il pensionato stesso.

La questione dei contributi nocivi è nota ma se ne parla poco. Ecco perché il nuovo messaggio dell’Inps è occasione per tornare sull’argomento ed approfondirlo.

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Se dannosi, alcuni contributi si possono sterilizzare

Con il messaggio n° 883 del 23 febbraio 2022, l’Inps recepisce ciò che la Consulta ha sancito in materia di calcolo della pensione. Una sentenza degli ermellini della Corte Costituzionale, precisamente la n°  82 del 2017, ha trattato un argomento assai delicato che riguarda il calcolo delle pensioni e le eventuali penalizzazioni derivanti dai contributi dannosi presenti in un montante contributivo.

Contributi che alla luce della sentenza prima citata, possono essere sterilizzati, neutralizzati dal calcolo. E l’Inps nel messaggio pubblicato sul portale istituzionale della Previdenza Sociale nostrana, spiega nel dettaglio di cosa si tratta.

Il calcolo retributivo della pensione e i contributi che lo danneggiano

Non è detto che più contributi significano più pensione. Sembra un assurdo ma effettivamente è così, perché tra i contributi di un lavoratore, ci possono essere alcuni periodi che non fanno bene all’importo della pensione spettante. Per esempio, ci possono essere contributi figurativi da disoccupazione che possono andare a danneggiare un pensionato al posto di aiutarlo. E non è raro trovare lavoratori che sfruttano la disoccupazione indennizzata Inps come una specie di reddito ponte per venire accompagnati al raggiungimento di una determinata età pensionabile.

La pensione può essere danneggiata come calcolo  in presenza di contributi figurativi che quindi, arrivano a diminuire l’assegno pensionistico. Sono le regole del sistema, quelle del calcolo a causare questa situazione. In genere, pure se viviamo ormai nell’era contributiva della pensione, la stragrande maggioranza dei lavoratori che escono di questi tempi dal mondo del lavoro lo fanno con il sistema misto.

Una parte della prestazione previdenziale è calcolata con il sistema contributivo e quindi, in base ai contributi versati, un’altra parte invece sulle retribuzioni accumulate. Il metodo retributivo è più vantaggioso, perché più alte sono le retribuzioni percepite, soprattutto negli ultimi anni di carriera, più alta è la pensione liquidata.

Ma se negli ultimi anni c’è la Naspi, cioè la Nuova assicurazione sociale per l’impiego, ovvero l’indennità per disoccupati involontari dell’Inps, tutto cambia. La disoccupazione è sempre più bassa dello stipendio normalmente percepito in continuità di impiego. E quindi meno soldi di retribuzione (anche la Naspi è una retribuzione), meno pensione.

A meno che non si provveda a risolvere questo danno come spiega e suggerisce l’Inps nel messaggio di cui parlavamo prima. Ed è esattamente quello che la Corte Costituzionale ha confermato come opzione per i lavoratori, nella sentenza n° 82/2017.

Il messaggio n° 883 del 23 febbraio e la sterilizzazione dei contributi ai fini del calcolo della pensione

In merito alla retribuzione pensionabile e ai criteri per sterilizzare i contributi nocivi alla pensione, il messaggio dell’Inps è abbastanza chiaro. Il contribuente può eliminare dal calcolo della pensione quei contributi che alla fine non fanno bene all’assegno, ma lo danneggiano e penalizzano.

Non tutti questi contributi possono essere neutralizzati. Infatti l’Inps sottolinea come la facoltà riguarda i contributi figurativi per i periodi di disoccupazione nelle  ultime 260 settimane prima del pensionamento, cioè degli ultimi 5 anni.

Per l’Inps quindi,  è possibile chiedere la neutralizzazione dei contributi figurativi della disoccupazione, se incidono negativamente sul calcolo della pensione.  Sia l’Inps che la Consulta con la sua sentenza stabiliscono che questo beneficio è ammissibile solo per i  periodi di disoccupazione coperti da contribuzione figurativa effettuati nei 5 anni che precedono la data del pensionamento.

Questo meccanismo si applica alla quota retributiva di una pensione naturalmente, essendo inutile eliminare i figurativi da disoccupazione sulla quota contributiva che viene calcolata sull’ammontare totale dei contributi versati nel montante. Va ricordato che il montante contributivo è una specie di salvadanaio dove mese dopo mese, il lavoratore versa contributi. E lo fa anche durante la disoccupazione indennizzata. Il giorno del pensionamento quanto c’è nel salvadanaio viene ripartito in rendita e quindi diventa pensione.

La neutralizzazione non è sempre possibile

L’Inps sottolinea che per il  calcolo delle quote retributive della pensione, possono venire  esclusi dalla retribuzione pensionabile e dal computo dell’anzianità contributiva, i periodi coperti da contribuzione figurativa per la disoccupazione indennizzata Inps.

Questo purché si tratti di periodi degli ultimi 5 anni prima del pensionamento e che tali periodi non siano determinanti ai fini del raggiungimento del requisito di anzianità contributiva minima. In pratica, se gli anni di contribuzione figurativa servono per arrivare ai 20 anni previsti dalla pensione di vecchiaia ordinaria, non è possibile eluderli dal calcolo. Se invece i 20 anni di contributi risultano già raggiunti al netto di questi periodi, la sterilizzazione è ammissibile.

Naturalmente i periodi che possono essere eliminati dal calcolo della pensione devono andare a collocarsi prima della data di decorrenza della prestazione pensionistica. L’Inps specifica che per poter operare con la sterilizzazione dei contributi dannosi, il diretto interessato deve produrre istanza all’Inps. Una domanda di ricostituzione della pensione vera e propria, con gli effetti che dovrebbero essere calmierati alla data di decorrenza della pensione.

L’Inps chiude il messaggio anticipando che presto, con altra comunicazione ufficiale verranno spiegate nel dettaglio le procedure operative utili a sfruttare questa opzione.

Informazioni su B. A. 335 Articoli
Sindacalista, operatore di Caf e Patronato, esperto in materia previdenziale, assistenziale, lavorativa e assicurativa. Da 25 anni nel campo, appassionato di scrittura e collaboratore con diversi siti e organi di informazione.