Spaghetti al pomodoro il piatto più semplice della cucina italiana, eppure a causa dei rincari lungo tutta la filiera costano di più.
Gli aumenti di luce, gas, benzina e gas continuano inesorabili. Le piccole imprese sono in ginocchio ed aumentano anche i negozi chiusi, già provati dalle difficoltà a causa dalla pandemia. Tra i settori più colpiti la ristorazione, l’alberghiero e l’agroalimentare. Infatti per le aziende dell’agroalimentari le spese sono aumentate del 120% rispetto all’inizio dello scorso anno. Occorre controllare i prezzi, perché le famiglie e le imprese potrebbero davvero non farce la più a sostenere questi ritmi di rincari.
Adesso anche gli spaghetti al pomodoro, il simbolo dalla dieta mediterraneo e dell’Italia, costano di più. Pochi ingredienti: pasta, pomodoro fresco, olio e basilico ed il piatto è servito in tavola. Ma è chiaro che con l’aumento dell’acquisto di ogni singolo ingrediente, anche questo buon primo diventa più caro, nonostante sia proprio il piatto per eccellenza più economico da realizzare.
In media un piatto di spaghetti al pomodoro costa fino a 1.20-1.30 euro. In questo momento siamo di fronte ad un aumento delle materie prime fino al 15%. Pertanto si passa ad 1,50-1,70 euro per singolo piatto, quidi dai 30 ai 40 centemsimi in più. I rincari quindi si sono abbattuti anche sul settore alimentare che rappresenta l’11% dei consumi totali.
Non solo, perchè i produttori di pasta fanno i conti con l’aumento del costo del grano, elemento base della produzione degli spaghetti e di tutta la pasta in genere. Ma anche pane, biscotti, farine e derivati. Ad esempio il Grano duro +80%, grano tenero +60% ed energia elettrica +300% negli ultimi tre mesi. Secondo i calcoli di Coldiretti, solo gli aumenti in bolletta potrebbero superare il 30%.
Mentre il gasolio agricolo è aumentato di ben 50 punti percentuali. Aumentati anche i costi di pomodoro, frutta, verdura ed olio d’oliva. Ci si mette pure la benzina che fa lievare i prezzi relativi ai trasporti lungo tutto il canale della logistica a della distribuzione. Portare il prodotto dal produttore al consumatore costa di più.
A questo punto i produttori hanno due vie: scaricare a valle i costi oppure fermarsi e chiudere perché i ricavi sono minori dei costi sostenuti per la produzione. Nel primo caso, “scaricare a valle” vuol dire che il consumatore finale dovrà pagare un prezzo maggiore i prodotti. Ciò vuol dire una contrazione della domanda, perché le famiglie devono ulteriormente stringere la cinghia. Per questo sembra che ci sia un ritorno ai mercati, acquisti a KM0 e per chi può piccoli spazi d’orto fai da te.
Altra alternativa è quella di chiudere subito ed evitare la perdita, in ogni caso ci sarebbero licenziamenti, aziende chiuse e peggioramento della nostra economia. Ecco che oggi più che mai occorre cercare di salvare il comparto agro alimentare, perché almeno un piatto di spaghetti al pomodoro deve essere portato sulla tavola. Pertanto il Governo deve prendere seriamente in considerazione di prevedere un nuovo scostamento di bilancio o di portare al termine azioni correttive sul livello generale dei prezzi, almeno di quelli di prodotti primari.
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