Dal 7 febbraio stop alle cessioni multiple per i bonus edilizi
Per i piccoli interventi rientranti nei bonus edilizi o i lavori modesti ma di importo superiore ai 10 mila euro, conviene procedere con la cessione dei crediti di imposta o con la detrazione fiscale diretta? Le ultime novità relative ai bonus e ai superbonus edilizi, in particolare relative alle strette sulle cessioni dei crediti di imposta e alle asseverazioni e ai visti di conformità e di congruità delle spese sostenute per i lavori, farebbero propendere la scelta verso la detrazione fiscale.
Analizzando quali interventi paghino il prezzo maggiore per le nuove strette dei decreti antifrodi, sono proprio i piccoli lavori (da distinguere da quelli entro i 10 mila euro o da quelli in edilizia libera). Per questi lavori, infatti, pur senza la necessità di ricorrere a grandi cantieri, il committente deve comunque sostenere i costi di asseverazione delle spese e di visti di conformità. Gli stessi adempimenti previsti per la cessione dei crediti di imposta o per lo sconto in fattura. Si tratta, anche se in proporzioni percentuali da calcolare rispetto all’entità degli interventi, di alcuni costi fissi dei quali il committente deve farsi carico.
Questi costi potrebbero eliminare la convenienza di ricorrere alle opzioni di cessione dei crediti di imposta e dello sconto in fattura. Inoltre per alcuni bonus, come quello delle facciate, questi adempimenti sono sempre necessari, anche se si tratta di interventi ancora più piccoli. Ovvero di lavori entro i 10 mila euro o ricadenti in edilizia libera.
Nella scelta su come trarre vantaggi fiscali dall’esecuzione degli interventi ricadenti nei bonus edilizi, torna utile dunque valutare la convenienza della detrazione fiscale diretta. Normalmente i bonus prevedono il recupero del beneficio spalmandolo in dieci rate annuali. Ma la valutazione non deve escludere un altro parametro di valutazione, ovvero l’inflazione. Ad oggi, secondo gli ultimi andamenti, la percentuale di crescita dei prezzi è del 4,8% (dati di gennaio 2022 dell’Istat). E dunque risulta necessario calcolare quanto del vantaggio fiscale legato ai bonus edilizi viene sottratto dall’inflazione.
La detrazione diretta di quanto spettante dai bonus sugli interventi edilizi può essere calcolata al netto dell’inflazione prodotta negli anni di recupero fiscale. Ad esempio, se un contribuente fa fare interventi edilizi per 8.000 euro nel 2022 rientranti nel bonus ristrutturazioni, la detrazione del 50% sarebbe di 4.000 euro. Questa detrazione dovrà essere spalmata nei 10 anni successivi, mediante una rata annuale di detrazione pari a 400 euro. Il primo anno di detrazione è quello successivo al periodo in cui sono stati svolti i lavori, ovvero il 2023.
A partire dalla dichiarazione dei redditi del 2023, quindi, immaginando un indice di inflazione costante al 4% all’anno, il valore effettivo del beneficio fiscale (dei 4.000 euro) scenderebbe a 3.250 euro. Ovvero nell’arco dei 10 anni il potere di acquisto del beneficio fiscale calcolato nel 2022 si riduce progressivamente di 4 punti percentuali per ogni anno. Con un’inflazione media annua del 2%, l’erosione del vantaggio fiscale si fermerebbe a 3.600 euro.
Considerazioni e calcoli sull’inflazione entrano, pertanto, di diritto nella scelta di quale strumento avvalersi per spalmare il vantaggio fiscale dei bonus edilizi negli anni. Nel caso di cessione del credito di imposta a una banca, il prezzo applicato dall’istituto contiene già una voce di costo dell’inflazione stimata nel tempo. Ma il rischio di erosione del valore del bonus può essere, a fronte di un prezzo da pagare, scaricato su chi acquisisce il credito di imposta. Si tratta, in definitiva, di valutare l’erosione del vantaggio fiscale negli anni per l’inflazione con i costi applicati all’opzione di cessione del credito di imposta, alcuni dei quali non risultano detraibili.
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