Cartelle esattoriali sbagliate con soldi richiesti ai contribuenti che invece non sono dovuti, sono una cosa che si ripete sempre. Non sono poche le cartelle che presentano errori anche poco evidenti a primo impatto, ma che portano alla nullità dell’atto impositivo nei confronti del contribuente. A volte capita anche di ricevere cartelle, per posta ordinaria o elettronica, con richieste di pagamento per balzelli o cartelle, già saldate. Problemi che si abbattono sui contribuenti, ma che derivano da una struttura, quella del Fisco, niente affatto precisa e funzionante. Tanto è vero che adesso anche in Parlamento se ne discute.
Persone fisiche, famiglie, aziende e professionisti, nessuno è escluso quando si parla di cartelle esattoriali. E nessuno è escluso nemmeno quando si parla di errori nelle cartelle esattoriali. Il problema è da ricercare nell’incrocio dei dati che le amministrazioni utilizzano. Le banche dati sono sicuramente una grande cosa, uno strumento utilissimo per permettere controlli, accertamenti e cose di questo genere. Ma lo strumento è utile solo se queste banche dati funzionano. Altrimenti sono guai seri. Ed evidentemente, qualcosa non funziona se è vero che sono numerosissime le cartelle che finiscono ai contribuenti per errore.
Evidentemente siamo di fronte a banche dati che non comunicano bene tra loro. Le banche dati delle Pubbliche Amministrazioni non funzionano bene tra loro, non si scambiano dati come dovrebbe essere. Un serio problema che finisce in Parlamento, poiché è la Commissione Vigilanza a sollevarlo.
La Commissione ha presentato una indagine conoscitiva chiamata “Digitalizzazione e interoperabilità delle banche dati fiscali”. Uno studio che Commissione parlamentare di Vigilanza sull’anagrafe tributaria ha usato per mettere in luce le problematiche evidenti del settore. Problemi che secondo la stessa Commissione, sono un evidente illecito.
Il principio fondamentale in materia di rapporto tra le amministrazioni pubbliche e i contribuenti è che un documento non deve essere richiesto se già presente. Un po’ quello che succede adesso con le dichiarazioni dei redditi ed i controlli fiscali. Come è noto, chi presenta il modello 730 precompilato oggi, correggendo un dato rispetto a quanto pre-iscritto dal Fisco, può finire a controllo. Ma l’accertamento documentale deve riguardare solo il dato cambiato e non gli altri. Infatti se gli altri dati vengono accettati dal contribuente, significa che di quei dati il Fisco ha già la documentazione utile. Inutile chiederla di nuovo.
È la legge che prevede il divieto ad una Pubblica Amministrazione, di richiedere un documento che dovrebbe avere già. Siamo di fronte ad uno dei maggiori problemi che attanagliano gli italiani, famiglie, singoli e imprese. La burocrazia a volte folle di cui l’Italia è composta. Basti pensare al contribuente che può finire in guai seri per via di iscrizioni negli elenchi dei cattivi pagatori. Oppure all’impresa che può avere problemi con il DURC.
Anche la Cgia di Mestre ha da tempo sollevato queste problematiche, che oltre ad ingessare il sistema, arriva a produrre un rilevante costo.
Secondo Assolombarda solo di burocrazia le imprese spendono tra i 108.000 e i 710.000 euro. e ci rimettono oltre 100 giorni di lavoro per un addetto, a risolvere queste problematiche.
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