Pensioni: tutte le cose che non vanno nella quota 41 per i precoci e perché non serve a nessuno

La quota 41 per i precoci è “venduta” come una possibilità di andare in pensione in anticipo rispetto alle soglie della Fornero. La misura è definitiva, strutturale, senza scadenza. Può essere presa nel 2022 così come lo era nel 2021 e lo sarà nel 2023. Ma si tratta di una misura che come vedremo, è piana zeppa di paletti e vincoli, di limitazione di perimetro di applicazione e di requisiti se non assurdi, quanto meno “curiosi”.

Tra le ipotesi allo studio del Governo per evitare l’applicazione della Legge Fornero dal 2023 anche Quota 41

La quota 41 per i precoci, la guida alla misura in sintesi

La quota 41 è una misura che rappresenta una alternativa alla pensione anticipata ordinaria. Infatti in entrambi i casi parliamo di misure che permettono il pensionamento senza alcun limite di età. Basta avere il giusto numero di anni di contributi previdenziali versati per centrare la pensione. Servono 41 anni e non  42 anni e 10 mesi come per gli uomini e la pensione anticipata ordinaria (per le donne 41 anni e 10 mesi). In pratica, un anticipo esatto di un anno e 10 mesi per i lavoratori e 10 mesi per le lavoratrici.

La misura però ha dei sotto paletti da rispettare. Oltre alla giusta età contributiva, anche il fatto che dei 41 anni di contributi necessari, 35 devono essere senza considerare quelli figurativi da maternità esterna al rapporto di lavoro, da disoccupazione INPS (Naspi, Aspi,  Mini Aspi, Requisiti ridotti, DS ordinaria) o da malattia indennizzata. E poi, almeno uno dei 41 anni di contributi previdenziali da accumulare, devono essere prima dei 19 anni. Contributi questi a qualsiasi titolo versati e non necessariamente tutti insieme.

La misura si rivolge poi solo a determinate e particolari persone. Innanzi tutto i 15 lavori gravosi originariamente previsti anche per l’Ape sociale (dal 2022 sono aumentate queste attività per l’Anticipo Pensionistico Sociale). Si tratta nello specifico di:

  • edili;
  • camionisti;
  • gruisti;
  • facchini;
  • maestre, maestri  ed educatori di asilo nido e scuole dell’infanzia;
  • infermieri delle sale operatorie e delle sale parto;
  • addetti alle pulizie;
  • addetti alla raccolta dei rifiuti;
  • siderurgici;
  • agricoli;
  • pescatori;
  • marittimi;
  • conciatori di pelli e pellicce;
  • addetti all’assistenza di persone non autosufficienti;
  • macchinisti dei treni e personale ferroviario viaggiante.

Inoltre possibile anche la quota 41 per i disoccupati, i caregivers e gli invalidi. Per caregivers si intendono i soggetti che prestano assistenza ad un parente disabile loro convivente ed a carico fiscale.

I paletti discutibili di quota 41

Quando diciamo paletti discutibili per la quota 41 parliamo di tutti i vincoli che la misura prevede e che sono abbastanza particolari per ciascuna categoria di beneficiari.

Per i caregivers per esempio, serve che l’assistenza al parente disabile grave, sia partita da almeno sei mesi prima di presentare la domanda di quota 41. Per quanto concerne invece i disoccupati, serve che la Naspi sia terminata da almeno 3 mesi prima di presentare la domanda. E devono essere tre mesi dalla Naspi completamente percepita. Gli invalidi invece devono avere un grado di disabilità certificata pari ad almeno il 74%.

Ma la discutibilità dei paletti è assai più accentuata sui lavori gravosi. Infatti il lavoro gravoso deve essere stato svolto per 7 degli ultimi 10 anni o per 6 degli ultimi 7. E per la conferma, serve che l’assunzione sia stata fatta in maniera precisa con richiamo a quelle mansioni gravose che il governo prevede, con tanto di collegamento alle tabelle Inail.

In altri termini, una misura che ha un’unica cosa facile che è quella dei requisiti di accesso che sono chiari e precisi. Sono i vincoli ed i paletti a rendere per molti non fruibile la misura.