Largamente utilizzati, i permessi sul lavoro per chi gode dei benefici della Legge 104 sono sempre un argomento spinoso. Utilizzare i permessi perché effettivamente si deve assistere il parente disabile da cui gli stessi permessi scaturiscono, è cosa buona e giusta. Ma come al solito in Italia, i furbetti sono ovunque. Ed anche su questa materia c’è chi aggira le regole, sfruttando i permessi che la Legge 104 offre, per tutto tranne che per il motivo per il quale sono stati assegnati.
I rischi per chi viene scovato ad “approfittare” di questo non sono leggeri. Oltre al licenziamento, cioè alla perdita del posto di lavoro, siamo di fronte ad una pratica illecita, contraria alla legge che può portare al carcere.
Utilizzo illecito dei permessi Legge 104, i rischi che si corrono sono davvero tanti e gravi. Per esempio, il rischio di finire in carcere non è escluso da chi adotta questo illecito comportamento. SI rischia una pena detentiva che va da 6 mesi a 3 anni.
I permessi provenienti dalla Legge 104 sono un diritto ineludibile per i lavoratori, poiché non c’è nessun datore di lavoro che può non concedere questi permessi. Negli ultimi tempi, per conciliare esigenze del lavoratore e della persona che lui stesso assiste (l’invalido che ha dato diritto alla concessione dei permessi), con quelle del datore di lavoro e delle attività aziendali svolte, i permessi vanno concordati in anticipo.
Ma resta il fatto che si tratta di un diritto imprescindibile del lavoratore. Ma non bisogna abusarne. I tre giorni al mese di permesso retribuito, servono, come natura stessa vuole, per assistere il familiare disabile. In caso contrario c’è il concreto rischio di incorrere in sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro (e questo è un suo diritto), o da parte dell’Inps.
Tra le sanzioni disciplinari, la sospensione dal lavoro, ma anche, soprattutto per i casi di reiteratezza, il licenziamento per giusta causa.
Tra le sanzioni Inps invece, la decadenza del beneficio della Legge 104 e in casi estremi anche la restituzione delle somme precedentemente corrisposte per lo stesso motivo. Questo perché nonostante sia il datore di lavoro ad erogare il corrispettivo della normale retribuzione nonostante l’assenza giustificata però dai permessi, è l’Inps l’Ente che alla fine si accolla il costo.
Ed essendo un pagamento di un Ente pubblico, chi lo ottiene con pratiche illecite può incorrere nel reato di truffa. In sostanza, l’Inps oltre a comminare le sanzioni prima citate, può arrivare a denunciare il lavoratore “furbetto”, alle autorità competenti. Una denuncia con tanto di reato, che è quello di truffa ai danni dello stato, con la pena detentiva prima citata come sanzione.
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