Redditometro: giudice non può limitarsi a una motivazione sintetica

redditometro
Il giudice deve motivare in modo analitico sulla base dei documenti

Il redditometro è uno strumento che consente all’Amministrazione finanziaria di determinare la ricostruzione sintetica del reddito di una persona fisica attraverso la sua capacità di spesa. L’obiettivo è naturalmente scoprire redditi nascosti. Si tratta di uno strumento di determinazione del reddito considerato sintetico e naturalmente il contribuente ha la possibilità di presentare ricorso. In questo caso spetterà al giudice determinare chi tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente abbia ragione. In merito a questo punto è intervenuta l’Ordinanza della Corte di Cassazione 5504 del 21 febbraio 2022 che ha sottolineato numerosi punti in favore del contribuente.

Cos’è il redditometro?

Il redditometro è un metodo di ricostruzione sintetica del reddito partendo dalle spese effettuate dal contribuente persona fisica e comparando tali spese con le dichiarazioni dei redditi prodotte. Il redditometro tiene in considerazione l’incremento di patrimonio, le quote di risparmio e le spese riscontrabili. Per capire bene l’importanza dell’ordinanza in oggetto è bene sintetizzare le fasi attraverso cui si procede all’accertamento del reddito con il redditometro. La prima fase è quella di selezione del contribuente da sottoporre a controllo. Si parla in questo caso di controllo sulla famiglia fiscale partendo dal presupposto che anche altre persone appartenenti al nucleo possono concorrere a determinare il reddito e le spese (di solito si considerano coniuge e figli).

Segue la fase istruttoria in cui sono determinati i redditi. In questa si prendono in considerazione le spese certe, cioè tracciate, le spese per elementi certi, cioè che devono essere per forza sostenute in conseguenza di fatti certi, ad esempio spese per la gestione dell’auto o della moto, spese legate alla casa. Si tengono in considerazione gli incrementi patrimoniali, cioè investimenti in beni immobili (acquisto di un terreno) o investimenti in titoli. Infine, si tiene in considerazione la quota di risparmio formatasi nell’anno.

Nel caso in cui tra i rilievi della fase istruttoria e le dichiarazioni ci sia uno scostamento superiore al 20%, parte l’accertamento fiscale. Per i lavoratori autonomi e titolari di ditta individuale i cui redditi dichiarati risultano conformi agli studi di settore, la percentuale che fa scattare l’accertamento è fissata al 33%.

Il contraddittorio con il contribuente

Nella fase dell’accertamento si instaura un contraddittorio con il contribuente che è invitato tramite questionario a giustificare tali spese. In questa fase il contribuente potrà dimostrare che parte delle spese non è riconducibile al suo reddito.

Il contribuente viene quindi invitato presso l’Agenzia delle Entrate e in questa fase potrà esporre le sue ragioni. L’Amministrazione finanziaria potrà archiviare o procedere ulteriormente. Contro un eventuale avviso di accertamento il contribuente potrà chiedere una mediazione, proporre ricorso oppure aderire alle richieste dell’Agenzia.

Fatta questa premessa possiamo passare all’analisi della questione affrontata dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza 5504 del 21 febbraio 2022.

Ordinanza 5504 della Corte di Cassazione: il giudice deve analizzare i documenti e motivare la sentenza

Nel caso concreto, in seguito ad un avviso di accertamento basato sul redditometro, il contribuente ha proposto ricorso, rigettato in primo grado. Il Giudice ha motivato il rigetto sul fatto che il contribuente non aveva dato prova della disponibilità di fondi che potessero giustificare le spese. Il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione adducendo che il Giudice non aveva sufficientemente analizzato la copiosa documentazione prodotta per giustificare le spese sostenute nell’anno sottoposto a controllo

La Corte di Cassazione ha ribadito che l’accertamento dell’Amministrazione finanziaria deve essere sintetico e che spetta al contribuente in sede endoprocedimentale difendersi dalle contestazioni adducendo prove certe circa la capacità di spesa oppure sull’inesistenza delle spese dedotte dal “controllore”.

Qualora l’ufficio ritenga di non dover tenere in considerazione i rilievi del contribuente deve però darne un’adeguata motivazione. In caso contrario l’accertamento è nullo.

Nell’Ordinanza 5504 la Cassazione va oltre e ribadisce che anche in caso di ricorso giurisdizionale vi deve essere la stessa attenzione, cioè il giudice deve analizzare in modo analitico la documentazione prodotta dal contribuente non potendosi limitare a giudizi sommari privi di riferimenti alla massa documentale prodotta dal contribuente. Nel caso in oggetto quindi la sentenza viene considerata nulla perché non è possibile ripercorrere il percorso logico giuridico che ha portato l’organo giudicante a ritenere non sufficiente la documentazione prodotta dal contribuente. Una motivazione siffatta, cioè che non analizza in modo analitico la documentazione prodotta dal contribuente, ma semplicemente sottolinea che la stessa è insufficiente a dimostrare le ragioni del soggetto, viene considerata dalla Corte di Cassazione apparente e quindi non valida.